Il torneo olimpico di tennis ha dimostrato una volta di più che gli assenti hanno quasi sempre torto. Chi ha rinunciato volontariamente a Rio si è perso qualcosa di grande, che non a caso i fuoriclasse veri hanno colto. Le lacrime disperate di
Djokovic dopo l'uscita al primo turno con
Del Potro, l'entusiasmo folle di
Nadal per la vittoria in doppio, il carattere di
Del Potro che non si è rassegnato ad un fine carriera da convalescente,
Murray che come nessun altro è capace di entrare in modalità da battaglia insultando il mondo, ci hanno detto molto sull'importanza di questo torneo: male organizzato e anche in parte condizionato dalla pioggia, con un programma ipercompresso e giocatori spesso costretti a dividersi in tre, rimarrà nel cuore anche di chi ha perso o ha tifato per chi ha perso.
Murray ha confermato l'oro di Londra 2012, quello che per lui (che fino ad allora non aveva vinto tornei dello Slam e dopo un mese avrebbe invece cominciato con gli U.S. Open: era l'epoca della prima cura
Lendl) è stato il torneo della svolta: allora batté in finale
Federer, adesso l'ha fatto con un Del Potro che ha conquistato, unico argentino a riuscirci, anche buona parte del pubblico brasiliano per l'abnegazione e il senso del dramma che è riuscito a trasmettere. Finale che tecnicamente è andata a sprazzi, ma sempre con una intensità pazzesca: è di fatto girata su pochi punti, dirlo di una partita durata quattro ore e non andata al quinto set può sembrare strano, ma davvero Del Potro ha avuto l'opportunità per ottenere un oro leggendario battendo nello stesso torneo Djokovic, Nadal e Murray. Vicino alla vittoria contro lo scozzese numero 2 del mondo è andato, negli ottavi, anche
Fabio Fognini: il 3-0 di vantaggio nel terzo set se lo ricorderà per tutta la vita ma questa volta il 29enne azzurro ha poco da rimproverarsi. Sorpresa relativa nella finale per il bronzo, dove
Nishikori si è ribellato al suo destino di splendido sconfitto (dai grandi) superando dopo un'altra battaglia un Nadal esausto e presentatosi a Rio con pochissimo allenamento e forti dubbi sulla tenuta del polso. Lo spagnolo ha comunque affiancato l'oro di Pechino 2008 in singolare a quello 2016 in doppio, in coppia con
Marc Lopez: nessuna delle prime quattro teste di serie è arrivata alle semifinali e in un torneo con valori rimescolati e orari di gioco quasi casuali gli spagnoli hanno avuto il carattere giusto per prevalere in un'altra tiratissima finale sui rumeni
Mergea e
Tecau, con bronzo agli americani
Johnson-Sock (i gemelli
Bryan erano rimasti a casa).
Fra le donne
Serena Williams poteva soltanto perdere e ha perso, contro la
Svitolina, buttando via la chance del secondo oro olimpico consecutivo in singolare. Nessuno poteva però immaginare la vittoria di
Monica Puig, numero 34 del mondo e trionfatrice soltanto per meriti suoi: non è la solita storia dell'outsider che trova un buco nel tabellone, ma di una giocatrice che ha messo in fila fra le altre
Pavlyuchenkova, Muguruza, Kvitova e
Kerber, sempre da sfavorita. Nel doppio
Safarova e
Strycova hanno battuto le Williams (oro a Sidney, Pechino e Londra...) al primo turno e quindi il bronzo guadagnato alla fine è per le ceche quasi una beffa: da ricordare che nei quarti hanno superato, di poco,
Errani e
Vinci facendo sfumare l'unica speranza italiana di medaglia. La reunion fra le italiane che due anni fa erano la miglior coppia del pianeta o giù di lì è andata così così: hanno giocato discretamente, ma fra di loro la freddezza è stata evidente. L'oro è andato alle russe
Makarova e
Vesnina, in finale su
Hingis e
Bacsinszky con la Hingis a trascinare letteralmente la compagna, come del resto nelle partite precedenti. Al solito inguardabile il doppio misto, che almeno nel programma olimpico si sarebbe potuto evitare: in un torneo iniziato dagli ottavi hanno comunque fatto il pieno gli USA con oro (Sock e
Mattek-Sands) e argento (
Venus Williams e
Ram, che nei quarti hanno battuto Fognini e la Vinci), in aggiunta al bronzo ceco di
Stepanek e
Hradecka. Per tutti, giocatori e spettatori ormai assuefatti anche ai grandi tornei, emozioni fortissime. Alla fine il vero segreto del fascino Giochi Olimpici, depurando il tutto dalla retorica, è che passano soltanto ogni quattro anni. Nessuno se ne rende conto come chi segue il tennis e i suoi ritmi organizzativi frenetici: cosa stanno facendo a Cincinnati?
twitter @StefanoOlivari