Arriva un momento in cui non sei più il Van Basten basco ma sei soltanto Fernando Llorente. Quel “soltanto” però è reale, tangibile e fa di te un giocatore vero.
Questo è il momento migliore nella carriera del venticinquenne centravanti dell’
Athletic Bilbao. Mai avuta così tanta fiducia nel proprio talento e così tanta efficacia nell’esprimerlo. I 10 gol di
Ronaldo sono fuori portata, ma subito dopo nella classifica marcatori c’è lui, a 6. Inizio di stagione brillante anche in nazionale (quella spagnola… nonostante anche lui, navarro di Pamplona, avesse apposto la propria firma a un appello per richiedere l’ufficializzazione della selezione di Euskal Herria…): doppietta alla Lituania e, da sostituto, il gol decisivo contro la Scozia ad Hampden Park. Schiaffando in rete altrettanti cross dalle fasce.
Una soluzione in più per la Spagna dei bassotti, valida però proprio perché non tradisce in nulla il tiqui-taca. Non la torre che butti lì sperando nella mischia, ma un giocatore pienamente integrato nella filosofia dei
Xavi,
Iniesta e
Xabi Alonso. E il paradosso è che pur essendo quasi tutto incentrato sulle sue sponde, sul magistrale uso del corpo spalle alla porta e sulla sua capacità di fare reparto da solo, il gioco dell’Athletic non sempre ne sfrutta tutto il potenziale di attaccante di manovra ben più evoluto.Ma il talento è sempre stato quello, il vero salto di qualità è avvenuto a livello mentale. Da quando lo lanciò ventenne
Ernesto Valverde, il centravanti dominante di oggi ha attraversato una fase in cui rischiò di perdersi. Particolarmente sofferta la gestione-Clemente, che cercò di sferzarlo coi suoi proverbiali metodi rudi, senza però ottenere risposte significative. Il carattere del giocatore sembrava compromettere ogni intento: faceva rabbia vedere un giocatore di quella stazza e con quei piedi arrivare sempre in ritardo in area piccola e miagolare al cospetto dei difensori avversari.
L’esplosione è coincisa con l’approdo di Caparrós sulla panchina zurigorri nell’estate 2007. Discutibile finchè si vuole il gioco delle sue squadre, ma certo al tecnico andaluso non si può negare la capacità di motivare i suoi, in particolare i giovani. Un Llorente progressivamente più aggressivo e determinato, e i risultati si sono visti: ogni pallone giocato su di lui condiziona le difese avversarie ed è un piccolo vantaggio strategico per l’Athletic. Da speranza buona solo per paragoni blasfemi a leader autentico.
(a cura di
Valentino Tola)