di Livio Balestri
Se c’era un personaggio anti-televisivo, per come non rendeva davanti alle telecamere, con la voce bassa e i lunghi silenzi (nessuna persona che abbia un vero mondo interiore lo sa trasmettere agli altri davanti alle telecamere: serve il contatto umano, fisico, a tu per tu), per come odiava un media che per lui era tutta apparenza, urla e strepiti, senza la possibilità di far concludere un ragionamento («Io non sono capace di fare polemica. Ora si fa solo quello. Io parlo di calcio»), insomma, l’anti-tv, era Enzo Bearzot. Che malgrado questo, o forse proprio per questo, merita un minimo ricordo massmediatico, o massmediologico se preferite. Non è il silenzio stampa di Spagna 82, che pure è stato qualcosa di epocale perché ha inaugurato una moda arrivata fino al parossismo e al ridicolo, ma che in quel momento e in quel modo aveva un senso ben preciso, e servì egregiamente allo scopo. No, è stata una cosa che gli ho sentito dire l’unica volta che l’ho visto dal vivo, la presentazione di un libro a lui dedicato in una trattoria milanese, a inizio 2008. Stava già male, si vedeva che era fragile fragile, avevi quasi paura di toccarlo inavvertitamente e di romperlo. Ma l’animo c’era ancora tutto, e lo usò contro lo slogan della Vodafone “Life is now”. “Ma siamo matti, la vita è adesso? E tutto quello che c’è stato prima? La memoria non conta? E il vivere oggi per inseguire un progetto futuro? L’imparare dagli errori? La vita è oggi se c’è il meglio di ieri e un progetto di domani”. Ecco, in queste frasi c’è tutto quello che Bearzot pensava della tv attuale e di come trattava lo sport. Fateci caso. Ogni partita ovunque (ma soprattutto su Sky) diventa un frullato di emozioni, replay, immagini trattate come in un videoclip, compresa la musica assordante di sottofondo, esaltata oltremodo per dei semplici dribbling o per un banale cross ben riuscito. Qualunque cosa accade è automaticamente la più bella di sempre. “Life is now” appunto. Che poteva pensare dell’ipervitaminico Krasic uno che ha avuto Bruno Conti? O di Ibrahimovic uno che ha avuto Paolo Rossi? O in generale del calcio di oggi (“Life is now”) uno che da calciatore calcò le stesse zolle di Lorenzi, Boniperti, Sivori, Charles, Schiaffino, Liedholm, Mazzola padre? Era un negazionista della trasformazione del calcio da sport in spettacolo. Molti per questo lo compatirono come un povero vecchietto che viveva in un perenne passato e quindi non poteva apprezzare la filosofia dell’eterno presente imperante. Noi invece, che pure qualche anno in meno di lui l’abbiamo, non riusciamo a dar torto a Bearzot.