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Bart Simpson nella Catedral

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Quando un talento alle prime armi irrompe sulla scena è fisiologico che si esprima attraverso spunti isolati l’uno dall’altro, per quanto numerosi e brillanti. Lo stesso Messi che a 18 anni metteva a ferro e fuoco Stamford Bridge non era certo il Messi di oggi, un giocatore decisivo non solo per gli spunti ma anche e soprattutto perché fa giocare meglio chi gli sta attorno. La Liga 2010-2011 sembra proporre un’eccezione alla regola: ha solo 18 anni, capelli biondi e una faccia da ragazzino pestifero alla quale calza perfettamente il soprannome “Bart Simpson”. Si chiama Iker Muniain, gioca nell’Athletic Bilbao e col blaugrana Thiago Alcantara è il più promettente giovane del calcio spagnolo. Giovane ma già relativamente esperto: esordio a 16 anni la scorsa stagione, più giovane debuttante nella storia dell’Athletic e più giovane goleador di sempre in Primera. Muniain fa giocare meglio chi gli sta attorno perché da quando lui è titolare fisso la manovra dell’Athletic Bilbao si è arricchita al punto da rendere i baschi una delle squadre più piacevoli del torneo, impensabile quando fino a pochi mesi fa la palla alta verso Llorente era l’unico argomento. Muniain resta ben lontano dalla piena maturità, ovvio, ma non è normale il modo in cui già incide sulla trequarti. Si pensava a lui più come a una seconda punta di fantasia, una tipologia di giocatore più diffusa in Italia che in Spagna, dove impera il trequartista nel 4-2-3-1, ma da esterno sinistro (portato costantemente ad accentrarsi) dimostra di preferire restare sempre nel vivo della manovra più che concentrarsi sull’accelerazione negli ultimi metri. In realtà non è nemmeno un rifinitore, ma un giocatore molto sui generis: il maggior punto di forza è il baricentro basso associato al gran controllo di palla, che gli consente di girarsi in pochi metri, anticipando i tempi di reazione dei difensori. Quando poi pianta i piedi al suolo e mette il corpo fra l’avversario e il pallone, è pressochè impossibile togliergli palla. È la situazione che predilige, attirare avversari per poi sgattaiolare o smarcare i compagni, che si muovono più facilmente grazie a questa sua capacità. Nonostante lo spunto esplosivo sul breve, non cerca spesso l’uno contro uno col terzino, preferisce smarcarsi tra le linee. Sorprendente la maturità nel gestire il pallone: sa sempre quando tenerlo e quando liberarsene, quando rallentare e quando accelerare. Purtroppo la conclusione non risulta essere il suo punto forte: manca l’istinto, e il tiro lascia a desiderare. Altro neo, l’attitudine da cascatore.

 (a cura di Valentino Tola)