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Il tenente Kozak

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Altri tempi quelli del cognome storpiato: da Kojak, come il tenente, a Kosàk, con la “s“ smangiata o sibilata, a discrezione del commentatore-tivù di turno. Se il ragazzone di Brumov-Bylnice altro non era se non un talento coltivato nelle serre del settore giovanile laziale, oggi Libor Kozak, la Lazio, se l’è caricata su quelle spalle larghe così. Già, le spalle. Tanto grosse da incutere timore ai big di Serie-A. Perché dopo i falli da day-hospital ai rossoneri Bonera e Legrottaglie, le accuse di Galliani, le polemiche per l’irruenza in area di rigore del Chievo, e dopo Brescia e un gomito alzato un po’ più del dovuto, il ceco è finito in cima alla lista degli attaccanti cattivi. Smaliziato o sgraziato, potente o scoordinato, di fatto Kozak s’è ritagliato a 21 anni un posto esclusivo nella Lazio di Reja, diventando l’insostituibile perno offensivo di una squadra lanciata verso un posto in Champions League. Che poi Libor, in fondo in fondo, è un gigante buono, un colosso col cuore di panna. Uno che smette di allenarsi dopo i compagni, solo perché sente ancora il bisogno di affinare i fondamentali. Del resto, si sa, gli esami non finiscono mai. E non importa se qualche test già lo ha superato a pieni voti. Dai campetti del campionato Primavera con la maglia delle baby Aquile, alla Serie-B, con il Brescia, lo stesso mandato al tappeto domenica con un colpo di testa simile ad una fucilata.  Il fiuto del gol non s’impara né s’insegna: è roba da bomber. E Kozak, sin dai tempi delle giovanili capitoline, quel fiuto ha dimostrato di averlo. Dal 2008, insomma, quando arriva in Italia e la Lazio lo mette a disposizione di Roberto Sesena, in Primavera, che lo plasma, lo consiglia, lo aiuta a migliorare. Un anno dopo, con già 3 apparizioni nel massimo campionato (Inter, Reggina, Juventus), viene girato al Brescia, nel campionato cadetto, in prestito. Colleziona 30 partite (play-off compresi) e 4 reti utili alla scalata promozione delle Rondinelle. A fine stagione le richieste di mercato non mancano, figuriamoci, ma la Lazio è la Lazio e decide di tornare indietro. In silenzio, con umiltà. Il baccano, lui, preferisce farlo sul campo. Bomber delle amichevoli estive a dispetto di Floccari, Zarate e Rocchi, l’attaccante ceco fa il primo centro in A contro la Fiorentina, al Franchi, che quasi non ci crede. Poi quello con la Samp (20° giornata), la doppietta con la Viola, di nuovo, due turni dopo, e infine il Brescia, appunto, a conferma che la regola dell’ex non sbaglia mai. In tutto fanno 5 reti, in 505 minuti giocati, valsi alla Lazio la bellezza di 12 punti. A lui il successo. O, almeno, un cognome da non storpiare più. Giorgio Burreddu