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Petrucci si scusi con Ettore Torri

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Ammiro il mio ex collega Angelo Zomegnan, disarmato direttore del Giro d’Italia. Trascorre i giorni e le settimane a rintuzzare le accuse sui giornali, a respingere i fantasmi sempre più incombenti attorno al ciclismo e, inevitabilmente, alla principale manifestazione sul territorio nazionale. Il 7 maggio parte infatti da Venaria Reale la corsa Rosa. La Rai avrà già mosso i mezzi, la carovana ci rallegrerà per ventitrè giorni, ma io francamente non riesco a sentire i rintocchi della festa. Oramai il fetore di certe provette non si contiene più. Persino uno più democristiano di Andreotti, mi riferisco ovviamente al presidente del Coni Gianni Petrucci, ha dovuto lanciare l’allarme, parlando apertamente in settimana di un problema doping nelle due ruote. Penso anche che l’abbia fatto semplicemente perché teme che quanto bolle nella pentola della magistratura sia più di ciò che è sin qui uscito, altrimenti non si spiegherebbe una sortita così decisa da parte di un noto tartufo. Letti gli stralci dei verbali dell’inchiesta di Mantova, c’è da rimanere sconcertati ancora una volta. Senza parole. Un atleta si confessa: «Si arrivava anche a uscite di sei ore. Più che allenarmi, mi finivo. Dal mio punto di vista erano programmi impossibili da seguire senza doparsi». Quest’ultima cosa mi conferma un’idea che ho da tempo: senza doping, non si resta nemmeno attaccati al gruppo, figurarsi vincere corse a tappe. Chi è andato un po’ in bicicletta, sa cosa significhino certe medie, conosce bene quanto il concetto di reintegrare sia l’anticamera di alterare. Il sangue, la capacità di tenuta, i tempi. Scusate se in queste ore, anche dopo avere letto la bella inchiesta di Nando Aruffo e Alessandra Giardini sul Corriere dello Sport e mentre Riccò delira di un rientro (aiutatelo, vi prego), mi permetto di tornare a qualche tempo fa. Lo ricorderete, perché su questo Corsivo ne abbiamo parlato a più riprese. Mi riferisco a Ettore Torri, che ebbe la sola colpa di denunciare una piaga che lui contrastava ogni mattina, offrendo una soluzione dirompente (liberalizzarlo). Si sollevarono accuse di qualunquismo, difese corporative, interessi aziendali. Perché Petrucci, che oggi dice suppergiù le stesse cose di Torri, non gli chiede scusa? Avremmo dovuto parlare anche dell'uscita dell'Inter dalla Champions e dell'ennesimo arretramento del calcio italiano (attenti alla Francia per il ranking Uefa). Sarà per la prossima volta.