La battuta è di
Winston Churchill: «Davanti al numero 10 di Downing Street si è fermata una macchina e non è sceso nessuno. Era Attlee». Mi è venuta in mente ieri leggendo della non decisione di
Giancarlo Abete sullo scudetto 2006. Anche in via Allegri non scende più nessuno dalle auto (blu).
Altro che don Abbondio, altro che bizantinismi e acrobazie legali, dietro alla non scelta della Federcalcio sul tema più dibattuto del nuovo millennio si scorge il peggio dell’Italia. Intendo quell’incapacità di prendere posizione, di assumersi responsabilità anche minime. È il mondo della politica che gonfia le finanziarie per accontentare tutti, è il debito che si ingrossa per mantenere ognuno tranquillo al proprio posto, del rinvio su tutto. E alla fine, per dirla con Tremonti, siamo sul Titanic.
Il calcio c’è da tempo. Con questo nostromo, appunto Giancarlo Abete, incapace di prendere una qualunque decisione. Si consiglia, chiede mille pareri, mi raccontano che soppesi anche l’ultima delle carte da scrivere, per poi evitare ogni presa di posizione. Invece sarebbe quello il suo dovere. Lo scudetto 2006 era da assegnare oppure no? Ce lo dico. Con il suo equilibrismo non ha accontentato nessuno, in compenso ha invece scontentato tutti.
Un dirigente ha l’obbligo di rendersi impopolare. Persino di rischiare cause in tribunale o l’ira dei nemici. Altrimenti fa l’impiegato, non il presidente. Con questa Federazione che si trascina avanti stancamente, incapace di opporsi al potere dei grandi club e al contempo priva di una visione riformista per le serie minori, il calcio italiano scivola indietro. Esattamente come fa l’intero Paese. Sei credibile quando scegli, nel momento in cui ti mostri coraggioso, contro i sondaggi.
C’è una cosa che di tutta Calciopoli continua a sfuggirmi. Perché all’indomani dell’estate 2006 la Figc non ha iniziato subito un esame più approfondito del contenuto delle telefonate? Come ha fatto, per ovvi motivi, il collegio difensivo di
Moggi. Possibile che la riapertura della vicenda sia dovuta a un imputato e non a un’istituzione? Ma che ci stanno a fare allora?