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Devis Mangia: un predestinato o un bluff?

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Non si è dei fenomeni se si vince una partita. Ma se lo si fa segnando quattro gol alla squadra campione del mondo in carica, alla squadra che ha vinto cinque scudetti nelle ultime sei stagioni, alla squadra che non subiva 4 reti in campionato da sette anni, allora, potrai anche non essere un fenomeno, ma la sensazione è che qualcosa da fenomeno ce l’hai. Basterebbe un po’ di attenzione per notare questo qualcosa, che è simile a una energia, una scintilla che brilla negli occhi che hai quando Miccoli infila alle spalle di Julio Cesar la punizione del 3 a 2 all’Inter. Come a dire: esatto, doveva andare per forza così, era inevitabile per come avevo preparato il match, ecco: ora i conti tornano. Qualcuno la chiama sicurezza, qualcun altro presunzione, qualcun altro ancora intelligenza. Ma spesso è solo talento. Di saper allenare, di saper motivare, di sapere come si fa a vincere. Non è qualcosa che si insegna chissà dove, ci nasci in questo modo. Quando si batte l’Inter segnando 4 gol non è mai per caso. Si, perché i neroazzurri non saranno più la squadra trita-avversari di qualche anno fa, quella che Mourinho portò sul tetto d’Europa, ma sono pur sempre una delle candidate principali per lo scudetto. Anche perché tu sei quel Palermo circondato da scetticismo e abbonamenti in calo dopo le cessioni di Sirigu, Pastore, Bovo, Cassani, Nocerino, Liverani. Quel Palermo, con un centrocampo assemblato nell’ultimo giorno di mercato (Della Rocca, Alvarez e Barreto). Quel Palermo che “è già tanto se ci salviamo”. Eppure all’Inter di gol ne fai quattro. Quattro. E la pressi con cattiveria per tutto il primo tempo e prendi gol immeritatamente e non ti demoralizzi e pareggi e subito dopo subisci il gol del 2 a 1 su rigore. Roba che avrebbe spezzato le gambe a chiunque. No al Palermo di Devis Mangia. Che è tutt’altra cosa da “quel Palermo”. Un allenatore che Zamparini ha definito fenomeno tanto che vorrebbe fare di lui quello che l’Arsenal ha fatto di Wenger: un manager, un guru, un’icona. Il Palermo stesso. Parole da prendere con le molle, di un dopo-sbornia sbalorditivo e inaspettato, perché si sa com’è Zamparini. Il buon vecchio Zamparini. La sensazione è che abbia avuto la capacità (o il fattore c.?) di trovare un fuoriclasse della panchina. Uno alla Villas Boas, per intenderci. Giovani con le idee chiare, capaci di motivare i propri giocatori con parole, gesti, discorsi, che sanno fare solo loro. Psicologici, direbbe qualcuno. Talento, forse? Madre natura? Poco importa di cosa si tratta. E’ solo una sensazione che si tratti un grande tecnico, per carità, Mangia deve ancora dimostrare tanto e dopo un inizio così sarà ancora più complicato, per lui, lavorare sottotraccia come ha fatto fin ora. Si sa com’è certa stampa. Alla prossima sconfitta ti sbrana vivo e ci sarà sempre qualcuno che dirà: ve l’avevo detto IO che non era un fenomeno, questo bluff. Ma a lui, a Devis, forse, neanche importa più di tanto. A sentirlo è già un sogno essersi seduto in panchina ha guidare una squadra di serie A contro l’Inter di cui è accanito tifoso. A guardarlo sembra uno di “noi”, gente “normale”, “comune”, che ce ne stiamo sul divano di pelle a guardare le partite in HD e discutiamo di tattica. Non ha, Devis, una faccia da televisione o da superstar o un cappotto alla Mourinho o una pettinatura alla Villas Boas. No, lui somiglia più a uno che partecipando a chissà quale quiz televisivo ha vinto il primo premio: puoi allenare, per una notte, un club di serie A, poi però torni a casa. No a casa Mangia non ci tornerà e forse non ci tornerà mai più ad allenare i giovani. Ragazzi, con i quali è cresciuto e con i quali si è messo in luce (l’anno scorso ha portato il Varese primavera in finale scudetto!) . Ragazzi distratti da ipad, social network e creste colorate. Non è facile averci a che fare, per la loro natura fragile e profondamente complessa. Con gli under bisogna essere psicologici veri perché, loro, dentro, in silenzio, si portano con sé un adolescenza complicata e una voglia di diventare grandi che li può anche far naufragare. Parlare ai giovani non è che sia la cosa più semplice del mondo. Così come non è stato facile debuttare in panchina a trent’anni, in Eccellenza, in una società storica come il Varese e nel giro di due stagioni ottenere la promozione in C2 con tanto di salvezza. Niente è facile nelle categorie inferiori ed è proprio questa la differenza tra Mangia e i Villas Boas: lui viene dalla gavetta ed è lì, in quei campi senza tribune, che si è fatto le ossa. E’ il più giovane tecnico di serie A dopo Montella, ma leggendo la sua scheda su Wikipedia sembra che alleni da sempre. Voghera, Varese, Tritium, Ivrea, Valenzana, Varese. C’è gente che in quelle serie ci passa tutta una vita. Ma non Mangia, quello non è il suo mondo. A Palermo lo ha portato il Ds Sogliano per allenare la Primavera. Ai grandi ci avrebbe pensato Pioli. Un bravo tecnico che ha avuto la sfortuna di incontrare sulla sua strada uno come Zamparini nell’anno della rifondazione. Un bravo Presidente, per carità, che vive il calcio, però, basandosi sull’istinto più che sulla ragione. Sfortuna da una parte fortuna dall’altra. Quel posto ora è di Devis Mangia. Alla prima ha stupito. Quale sarà il suo destino? Un grandissimo o solo un bluff? E’ difficile dare una risposta, perché si sa, il destino, spesso, si manifesta seguendo strade per noi incomprensibili. Francesco Aquino