(...) Negli ultimi due anni, dopo aver ridotto al silenzio per decenni arbitri, colleghi e pari grado, l'ex vicecapostazione di Civitavecchia aveva cambiato abito. Scrivendo di qualunque argomento su Libero, consultandosi (nonostante la squalifica) nelle antiche vesti di re del mercato (pranzi bolognesi con Menarini, sodali sparsi ovunque) o intervenendo in televisione come un informato passante da sera a mattina. Aspettava. Sognava: "Mi piacerebbe tornare". Progettava. Non c'è più tempo. Caduto l'assioma secondo cui la frode, essendo collettiva, doveva necessariamente risolversi in indulgenza plenaria, anche Luciano muterà strategia. Nel mirino, oltre all'Inter, al nemico Baldini, a Galliani e a mezza serie A, c'è l'antico amore. La Juventus. La squadra che solo a gennaio di quest'anno sognava di riportarlo nei quadri dirigenziali. La società guidata da un Agnelli, Andrea, che aveva permesso a Moggi di insultare un suo tesserato, Bettega: "Lo vedo male, farà una brutta fine" senza muovere un dito.
Oggi Agnelli si proclama "estraneo ai fatti", gode della mancata sanzione sulla responsabilità oggettiva della Juventus decretata a Napoli e scarica Moggi. Sostiene, l'erede di una dinastia che con la Juve indirizzò i destini industriali di una nazione e di un'azienda chiave, che Moggi agisse per proprio conto. Senza avvertire nessuno. In attesa di leggere le motivazioni e osservando da vicino la condanna di Antonio Giraudo, può darsi che il calcolo sia errato e la fretta, cattiva consigliera. (...)
Non è una novità. Moggi l'aveva già rivelato nelle dichiarazioni spontanee in procura. Ma nessun dirigente della Juve aveva raccolto la provocazione. Difficile lo facciano adesso perché Moggi è un appestato e l'oblio, la medicina più adatta a liberarsi dai debiti. È come nei matrimoni. Quando salta il tappo, volano gli stracci. Finiscono in cantina i buoni propositi. Si azzerano i ricordi. E stupisce, perché anche grazie alla mancata abiura di Agnelli verso Moggi, la memoria dell'invincibile Juve della triade aveva rinsaldato l'orgoglio, compattato i tifosi e spinto il presidente stesso a irrompere sul proscenio del nuovo stadio straparlando di "29 scudetti" e chiedendo la restituzione dei due titoli sottratti dalla giustizia sportiva. Agnelli ha liquidato i fantasmi.
(...) I prossimi passi degli avvocati di Big Luciano sono chiari. In primo luogo, in vista dell'appello, tentare di spostare il procedimento a Roma per strapparlo all'odiata procura di Lepore che ieri, intanto, ha risposto duramente alle critiche dei moggiani. La questione delle Sim svizzere (Moggi ne consegnò una all'ex arbitro Paparesta nella casa di Via Petrarca a Napoli, da qui la territorialità del procedimento) è parte del dibattito. I legali di Moggi sostengono che gli inquirenti si recarono oltre frontiera senza rogatoria. Se riusciranno a dimostrarlo, si aprirà un'altra fase. (...)
Fonte: Malcom Pagani per il Fatto Quotidiano
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