Meglio soli che male accompagnati. Vecchio proverbio che ci pare la cosa più interessante di quello che abbiamo visto in questi giorni di inizio Europei. La Rai come sempre offre migliaia di spunti di divertimento, cazzeggio, battuta, ma a questo pensano egregiamente le varie rubriche dei giornali, e magari a fine torneo converrà fare il punto (intanto però godiamoceli questi Europei, sono probabilmente l’ultima grande competizione che vedremo in chiaro per un bel pezzo).
Quello che ci ha colpito è stato quando il collegamento per Danimarca-Olanda, sabato pomeriggio, si è aperto con Gianni Bezzi che annunciava che il suo sarebbe stato un commento vecchio stile perché Vincenzo D’Amico, che avrebbe dovuto fare il punto tecnico, era restato bloccato a Kiev. E quindi ha fatto tutta la telecronaca da solo, vecchio stile appunto. Beh, è stato bravissimo. Vabbeh non perfetto, ha sbagliato vari nomi, soprattutto nei primi minuti. Ma sono dettagli: Bezzi ha avuto ritmo, lettura, capacità di narrazione. Insomma, è stata una telecronaca piacevole e per nulla monotona, anche aiutata da una partita non noiosa. Ora, siccome con tutto il rispetto Gianni Bezzi è Gianni Bezzi, bel mascellone tornito, ma insomma non stiamo parlando di Martellini, Carosio, Pizzul e neanche Caressa, il punto è probabilmente un altro. Ed è in fondo la conferma di quel che, ascoltando un po’ di telecronache, si capisce benissimo: l’inutilità della seconda voce, anzi ormai la sua dannosità.
Per almeno due motivi.
1). La pessima qualità di gran parte delle seconde voci in circolazione. Se la telecronaca di Bezzi è andata bene, è anche perché la seconda voce che è mancata è stata quella di D’Amico, la cui dimensione è il 90° di serie B. Ma pure il resto del panorama è sconfortante. Dossena lo sentite da voi, Collovati appena apre bocca e spara una sentenza viene contraddetto sul campo. Ma pure a Sky c’è poco da salvare: Causio è noiosissimo, Marchegiani non va oltre il compitino, addirittura ci sembra in un certo calo Bergomi (sarà che inizia a fare seriamente l’allenatore, ormai). Il problema generale delle seconde voci è che non aggiungono nulla, si limitano a dare ragione al telecronista o a ripetere con altre parole quello che ha appena detto. Lontani i tempi di Capello o Bettega (che pochi secondi dopo avevano già spiegato marcature e schieramenti) e di gente come Bulgarelli che usava la propria esperienza da calciatore per darci una chiave di lettura, una nota tattica, un’informazione in più.
2) È cambiato il calcio. La seconda voce, inventata da Luigi Colombo ai tempi della gloriosa Telemontecarlo, primi anni Ottanta, era stata una innovazione formidabile. Aveva spezzato la monotonia delle telecronache della Rai, anzi, esattamente come le tv private in quel periodo spezzavano il monopolio della Rai. E con un calcio spesso molto spettacolare, ma dai ritmi atletici ancora lenti, l’alternarsi delle voci dava alla partita la velocità che le mancava. Man mano il calcio si è fatto esibizione ginnica (Brera lo definiva eretismo podistico), e quindi le partite sono diventate sempre più veloci e gladiatorie, ma la seconda voce non ha perso senso con questo, o almeno non subito: proprio per l’aumentata velocità serviva qualcuno che facesse il punto, che interrompesse il flusso del racconto del telecronista – il quale diceva che cosa stava succedendo – per spiegare perché quella cosa stava succedendo. Ma qui interviene ancora la calata qualità: chi fa la seconda voce solitamente non lo fa né lo vuole fare in eterno, spera sempre di trovare una panchina o un ruolo da dirigente. E così i migliori se ne sono andati, lasciando spazio alle seconde e terze file. Che di fronte all’aumentato ritmo delle partite sono naufragate, aggrappandosi alle banalità per restare a galla. La mazzata finale l’hanno data il moltiplicarsi delle voci (con il bordocampista) e i minispot, che hanno tolto occasioni di intervento alla seconda voce. Adesso se il cronista è bravo, la seconda voce è soprattutto una palla al piede che gli leva ritmo: l'esempio lampante è il bravissimo Francesco Repice di Radio Rai, che palesemente vorrebbe sparare ai vari Tarcisio Mazzeo o Livio Forma, che lo interrompono per dire la loro, obbligandolo a ripartire da capo nelle accelerazioni vocali.
Aggiungiamo che, anche grazie alle seconde voci del passato, la competenza media dei telespettatori è aumentata: se il telecronista fa il suo nel raccontare il match serve poco altro. Eppure nessuno ha il coraggio di rinunciare alla seconda voce in telecronaca, di provare a inventarsi qualcosa di nuovo (che so, una lavagna tattica mostrata al volo al posto di uno dei tanti replay o primi piani assolutamente inutili, o la letture di qualche tweet intelligente degli spettatori, posto che ne esistano). Ce l’hanno tutti, devo averla anche io, è il ragionamento. Fino a che a mostrare che il re è nudo non arriva un Gianni Bezzi. Ma temiamo che il sovrano continuerà a restare senza vestiti. In tempi di incertezza nessuno se la sente di rischiare.
di
Livio Balestri
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