Thiago Silva e
Zlatan Ibrahimovic sono fra i pochi campioni di livello mondiale che ancora frequentino i campi della serie A, sicuramente sono gli unici due ancora in forza al Milan. E' quasi banale osservare che la cessione di uno o di entrambi significherebbe il ridimensionamento, da adesso agli anni a venire, di un club che dell'immagine ha dal 1986 ad oggi fatto una bandiera almeno quanto le vittorie (entrambe dipendono dai campioni, peraltro). Nessuno dei due è sul viale del tramonto, come i
Kakà e gli
Shevchenko intelligentemente ceduti al momento giusto, ma soprattutto il presunto risparmio finanziario tanto risparmio non sarebbe: i mezzi giocatori vanno pagati anche loro e producono, in termini di vittorie e di ritorni finanziari, molto meno (anche in proporzione) dei campioni. Insomma, lo scenario della loro cessione può essere credibile solo in abbinata a quello di Berliusconi che venda il Milan allo sceicco di turno. Tutto può essere, ma non ci sembra che l'operazione sia imminente (e ci auguriamo non avvenga, in ogni caso).
Detto questo, il modo in cui si è articolata la finta trattativa con il Paris Saint Germain è da manuale di strumentalizzazione dei media. Fase uno: si mette enfasi sui bilanci in rosso (quelli del Milan berlusconiano lo sono da sempre, per scelta, ma non è che quelli di Inter e Juve siano meglio) e sui sacrifici che ci saranno da fare, in modo da preparare al peggio commentatori e tifosi. Preparandosi al peggio, qualsiasi cosa succeda sarà meglio. Fase due: appaiono articoli su presunti 'malesseri' dei due campioni, che non sarebbero contenti della campagna acquisti della società. Tra le righe: questi mercenari vogliono abbandonare la nave che affonda. Fase tre: la ricerca del compare. Cosa di meglio del PSG degli amici
Leonardo e
Ancelotti? Un club che è riuscito nell'impresa di non vincere la Ligue 1 ma che vuole acquisire status internazionale (un po' come il Manchester City di due o il Chelsea di otto anni fa) mostrandosi al centro di tutte le trattative. Addirittura
Galliani con maestria gli aveva rifilato a gennaio la 'sola' di
Pato, prima che i Berlusconi lo bloccassero.
Fase quattro: coinvolgere i giocatori, tanto si sa che i procuratori spingono sempre per cambiare maglia. Operazione poco riuscita con Ibrahimovic, il cui ingaggio lo mette fuori mercato per tutti tranne forse che per il City (dove però Mancini non lo vuole), mentre con Silva ha finzionato. Come rifiutare 9 milioni di euro netti a stagione (più del doppio di quanto prende adesso) per giocare a Parigi in una squadra che nel giro di un paio d'anni entrerà fra le grandi d'Europa? Fase cinque: dare credibilità al tutto. Con viaggi, incontri fintamente segreti (mai è mancata una telecamera all'uscita), mezze frasi, e un'offerta di quasi 50 milioni (ma avrebbero potuto essere 500). Fase sei: gestire le prevedibili reazioni dei tifosi. Chi mai sarebbe contento della cessione dei pezzi pregiati della squadra, al di là di qualche realista più realista del re che si era messo ottusamente a esaltare il fair play finanziario? Che non rispetta nessuno, tranne il Bayern Monaco. Infatti sul web, a Milan Channel (che ha dato grande spazio a queste richieste di non cedere Thiago Silva...), sui giornali, questo movimento anti-smobilitazione è dilagato.
Fase sette, quella più scontata: Berlusconi primo tifoso che fa un grande sacrificio, in un momento economico come questo, rinunciando ai 50 milioni. Anche questa l'abbiamo già vista, la novità 'velinata' sarebbe che l'avrebbe in parte convinto la figlia Barbara con un suo studio di marketing (!!!). E così la tifoseria rossonera potrà considerare grandi acquisti quelle che altro non sono che mancate cessioni: geniale, no? Come se quest'anno la Juventus asserisse di avere acquistato
Buffon o l'Inter
Milito. Nessuno si lamenterà di
Acerbi o
Astori, se rimane Thiago Silva. Concludendo? Da questa farsa ci hanno guadagnato tutti (anche il PSG, che avrà credibilità in altre trattative), tranne forse i giocatori. Che infatti il mal di pancia adesso ce l'hanno sul serio. Gli passerà con un indennizzo. In soldi veri, mentre tutto il resto era finto.
Stefano Olivari, 18 giugno 2012