Venerdì scorso
Fabio Capello ha preso per la prima volta contatto con la realtà russa, arrivando direttamente dalla sua amata Marbella. Per il contratto da c.t. fino al Mondiale 2014 manca solo la firma, come si dice quando ci si inventano bombe di mercato, ma questa volta la firma arriverà perché la vogliono tutti: la federazione locale, ancora ammaliata dal mito del santone straniero (Capello arriva dopo 4 anni di
Hiddink e 2 di
Advocaat), ma anche un allenatore ormai abituatosi ai ritmi sonnacchiosi della vita da c.t, con le verifiche reali che arrivano al massimo ogni 2 stagioni. L'esperienza inglese è stata un fallimento, tranne che dal punto di vista finanziario, anche se magari con la convalida del gol di
Lampard a Sudafrica 2010 contro la Germania diremmo altre cose. Poi con il più simpatico (ai media) ma anche catenacciaro
Hodgson si è visto che il materiale umano a disposizione era buono ma nulla di più. Con la Russia le premesse sono simili: quella dell'Europeo era una squadra abbastanza anziana, con i big (tranne
Akinfeev e
Dzagoev) tutti intorno alla trentina, dietro questo gruppo il sempre più ricco campionato russo non ha proposto giovani fenomeni. Insomma, il vero big della nazionale da qui al 2014 sarà Capello ed è forse questa la cosa che lo ha intrigato di più. Detto questo, è incredibile come un uomo della cultura (non solo calcistica) e dell'esperienza di Capello a 66 anni faccia ancora l'allenatore e non il dirigente. Eppure i grandi club europei, per non parlare delle federazioni, non sembrano pullulare di grandi menti.
Twitter@StefanoOlivari