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Eugenio Bersellini di sicuro non piaceranno le vacanze natalizie lunghe dei giorni nostri, per calciatori e addetti ai lavori. Il 23 dicembre del 1986, da allenatore della Fiorentina, decide di non concedere ai suoi giocatori nemmeno un giorno di riposo in più rispetto a quello settimanale. Una decisione presa di concerto con il presidente viola
Pier Cesare Baretti (ma il club è ancora di proprietà dei
Pontello, che lo venderanno solo nel 1990 a
Cecchi Gori), anche per la difficile situazione della squadra. Nove punti in classifica, con davanti la partita con il Napoli di
Maradona che non perde da quasi un anno (e che pochi mesi dopo vincerà il suo primo scudetto). Bersellini decide che ci si allenerà anche il 31 dicembre e il giorno di Capodanno, una squadra con le ambizioni della Fiorentina non può retrocedere. Ambizioni, va detto, non supportate dal mercato: l'estate precedente
Daniel Passarella è stato ceduto all'Inter di Pellegrini, Massaro e
Giovanni Galli sono andati al Milan appena preso da Berlusconi, oltre a un anziano Antognoni c'è un giovane Roberto Baggio che però è tormentato da operazioni e rieducazioni infinite. Il ritiro farà bene alla Fiorentina, perché il 4 gennaio al Comunale il Napoli verrà battuto per 3 a uno con gol di Ramon Diaz, Antognoni e Monelli dopo che Maradona aveva ridotto le distanze. A fine stagione la Viola si classificherà nona, ma al posto di Bersellini arriverà da Roma Sven Goran Eriksson.