Che il Paris Saint Germain non vincesse il campionato francese da quasi venti anni, dai tempi di Artur Jorge, è incredibile, al di là del budget senza limiti messo a disposizione dalla famiglia Al Thani. Che comunque, attraverso la Qatar Investment Authority, è presente solo dal 2011. Però questa era la stagione buona, dopo il fallimento dell'anno scorso (amplificato dall'esonero di Kombuaré da primo in classifica) Ancelotti ha vinto il suo terzo grande campionato europeo (anche se sul livello della Ligue 1 Ibrahimovic la pensa diversamente) dopo serie A e Premier League. E così dopo avere espugnato Lione in formazione rimaneggiata (senza Thiago Silva, Sirigu e Verratti) con un gol dell'ex romanista Menez tutto l'ambiente ha potuto vivere la sua festa, breve e con la consapevolezza che la Francia è troppo piccola per il PSG e per le sue ambizioni. Discorsi che si sentono fare anche in Italia e in Spagna, prima di arenarsi sulla banale considerazione che a vincere la CXampions League è uno solo e che se ci sono dieci club miliardari e pieni di campioni significa che nove di loro matematicamente non vinceranno. Detto questo, il ciclo di questo PSG è appena iniziato ma è già finito. Ancelotti sta provando ad andarsene al Real Madrid, a dispetto del contratto fino al 2014, Ibrahimovic per motivi ignoti non si trova bene a Parigi ed è in rotta con il club (clamoroso il litigio con Leonardo nello spogliatoio), ma Raiola dovrebbe dirgli che in Italia nessuno potrà mai dargli 30 milioni di euro lordi a stagione per i prossimi 3 anni. Anzi, glielo ha già detto. E' probabile che rimanga prigioniero, si fa per dire, del PSG perché con chi non ha bisogno di soldi lo schemino applicato ai tempi dell'Ajax su suggerimento di Moggi non funziona (e il caso Tevez dell'anno scorso, pur con altri protagonisti, lo ha confermato). Ma tutto sembra stranamente incerto, in una squadra che con un po' di fortuna in più avrebbe eliminato il Barcellona nei quarti di Champions (l'occasione in cui si è vista maggiormente la mano di Ancelotti) e che dopo diversi periodi di crisi ha ritrovato un apporto decente da parte di Pastore e Lavezzi (altro scontento). E quindi? Il Paris Saint Germain ancora non si è levato di dosso la fama di club artificiale, che nonostante logiche proprietarie simili non hanno il Chelsea o il Manchester City, e rimane un posto in cui si va quasi solo per soldi. In più è detestato nel resto della Francia per motivi ideologici ancora prima che tifosi e in quasi ogni trasferta trova un clima di intimidazione che chi ha in testa solo il calcio glamour della Champions League non accetta.