Cosa c'è che non va in
Rafa Benitez? Non è banale chiederselo, visto che
Abramovich lo congederà da allenatore del Chelsea per far posto al ritorno di
Mourinho, nonostante la fresca conquista (sia pure immeritata, nella finale il Benfica ha giocato meglio: ma il calcio non è il pattinaggio artistico...) dell'Europa League e un piazzamento in Premier League che garantisce al Chelsea la qualificazione diretta alla Champions dell'anno prossimo. Raramente il gioco dei Blues versione Benitez è stato scintillante, ma lo stesso discorso si poteva fare per quello della gestione
Di Matteo (però l'ex azzurro rimarrà in eterno come uomo della prima Champions), che i tifosi di Stamford Bridge invocavano durante le prime settimane in panchina dello spagnolo. Sul piano calcistico ci può stare il paragone con l'esonero a fine 2010 da allenatore dell'Inter, dopo la conquista del Mondiale per club, mentre a livello umano stiamo parlando di situazioni molto diverse. A Milano Benitez pagò il fatto di avere contro i senatori dello spogliatoio, che volevano un allenatore che li lasciasse respirare (e infatti arrivò
Leonardo), ma soprattutto quello di avere detto pubblicamente la verità, cioé che quella squadra necessitava di qualche acquisto giovane e importante per non crollare. E i fatti non gli hanno dato poi torto... Certo è che nemmeno all'Inter i tifosi e il proprietario stravedevano per Benitez, mentre un po' meglio le cose andavano a Liverpool e non solo per l'incredibile Champions conquistata nel 2005 ai danni del Milan (la Champions di
Dudek, prima ancora che di Benitez). Solo nel Valencia di inizio millennio, quello post
Cuper, Benitez ha saputo coniugare spettacolo e risultati, ma il problema è più sottile e lui stesso ne è consapevole visto che in più interviste ha parlato di 'percezione'. In sintesi: Benitez è convinto di avere iil marchio dell'allenatore con poco glamour e che qualsiasi cosa lui faccia sia svalutata rispetto agli stessi risultati ottenuti dai 'comunicatori' (in questa categoria fa rientrare anche
Pep Guardiola). Il suo 4-2-3-1, modulo preferito anche se non unico, è vicinissmo a quello di Mourinho e le sue variazioni tattiche durante la partita (Benitez ama correggere in corsa, non è rigido) hanno la stessa flessibilità di quelle del suo eterno rivale, almeno dal punto di vista mediatico. Quello che oggettivamente è diverso è la capacità di coinvolgere emotivamente i giocatori: le stesse persone che per Mourinho si butterebbero nel fuoco avrebbero con Benitez un rapporto da professionisti. Non è che una situazione sia meglio dell'altra per vincere nel calcio, a volte essere in guerra con il mondo è controproducente, ma di sicuro l'attaccamento della gente e dei calciatori (oltre che di chi paga, cosa non secondaria) nei confronti del portoghese è superiore. E quindi? Benitez non sarà mai Mourinho, il prossimo che lo ingaggerà deve saperlo. Abramovich lo sapeva già al momento della firma, per questo un simile epilogo non è stato soprendente. La realtà coincide con la percezione della realtà, non solo nel calcio.