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I paragoni fra la qualità (in campo, a bordocampo e fuori) fra Bayern Monaco-Borussia Dortmund e Lazio-Roma si stanno sprecando, come se una finale di Champions League fra due squadre espressione di una nazione e di un campionato di successo fosse la stessa cosa di una finale di Coppa Italia fra due club che navigano a vista e divisi da un odio atavico che va ben al di là dei derby 'normali' del resto del mondo. E meno male che non c'è stato il morto, che in molti temevano e qualcuno addirittura auspicava, nemmeno per finta come avvenne in occasione della sospensione chiesta ed ottenuta dall'Olimpico sulla base di una notizia falsa. Ponderando i diversi contesti tecnico-sportivi, la vera differenza fra le due partite è risieduta nella cattiveria e nel livore dell'ambiente intorno alle squadre. Una situazione che nessuno stadio di proprietà, nessun Robben e nessun aumento dei diritti tivù potrà cambiare. Qualcuno ha già scritto che 'è un problema di cultura'? Verissimo, ma la cultura si cambia nell'arco di generazioni. Nel frattempo cosa facciamo, interrompiamo il campionato? In un momento economico e politico come questo, oltretutto, dove lo stadio è uno strumento di controllo sociale a cui non si può rinunciare. Insomma, la differenza con la Germania non risiede solo nel merchandising e nel leggendario 'abbassare i toni'. L'Italia è questa, Roma è questa. Accettare la propria specificità, senza mitizzare l'estero (perché a Londra non si picchiano negli stadi, ma non è che la disperazione e la delinquenza siano state abolite dalla vendita della terza maglia originale del Fulham), può essere un primo passo per ricostruire un ambiente almeno accettabile. Traduzione: duemila uomini, fra poliziotti e Carabinieri, impegnati a difendere una città nel'Italia del 2013 ci possono stare. Poi è chiaro che Rummenigge e Hoeness hanno più possibilità di programmare rispetto a Baldini e Sabatini. Ma in prospettiva Roma e Lazio hanno maggiori possibilità di vincere la Champions League di quante non ne abbiano di vivere un derby sereno.