Due anni fa, in queste stesse ore, il calcio italiano era in piena bufera.
Ogni giorno si leggeva il nome di un calciatore famoso coinvolto nell'inchiesta appena resa nota dalla Procura di Cremona, con la conferenza stampa del procuratore Di Martino che tracciava di fatto la fine della Serie A. Si sospettava di club, presidenti, di chiunque avesse una qualunque relazione col pallone. Persino Abete, uno che non reagirebbe di fronte a nulla, neppure alla minaccia armata, si sentì costretto a chiedere di limitare i sospetti.
Ricordo ancora le immagini di un Beppe Signori cereo, mentre si trascinava svuotato - e accompagnato da uomini dello Stato - verso la Questura di Bologna per deporre. Leggemmo cose drammatiche e soprattutto tristi: di un portiere che metteva sonnifero nell'acqua di un compagno, di balordi che arrivavano a contattare i calciatori con una facilità disarmante, di un Masiello che faceva gol nella sua porta, apposta, di un Doni ancora una volta finiva nell'occhio del ciclone, di un Bettarini (questo sì incredibile) tesserato per il Chievo.
Fu un terremoto per giornali e tv, e altrettanto bene rammento le domande sconcertate dei tifosi, di molti lettori: allora si chiude? È paragonabile al calcioscommesse dell'80? Vero che quel famoso portiere e quel centrocampista della Nazionale si vendevano anche la madre?
Le risposte non spettano ovviamente a me nel breve spazio di un blog. Dissi allora che non c'era nulla di paragonabile con lo scandalo di Rossi e Giordano, quello che coinvolgeva giocatori nella Nazionale. Ma se smorzi i toni, se non segui il sensazionalismo imperante, sei un disinformato o un colluso. Degli scenari tracciati allora, poco o nulla è successo. Ho visto addirittura Stefano Mauri, arrestato un anno fa nella seconda ondata dell'inchiesta, alzare beatamente la Coppa Italia della Lazio da capitano. Dei nomi roboanti uditi o letti due anni fa, nessuno si è confermato fondato. O almeno, a oggi, non abbiamo avuto riscontri. Sono unicamente scomparse le mezze cartucce, i soliti sfigati alla Signori. Uno con il vizio del gioco, certo, da sempre, ma difficile da immaginare a capo di una banda, se poi fallisce in tutto e si trova a piangere in un telefono che non ha più soldi per vivere. Uno strano boss.
È la storia italiana. Quella di sempre. Grandi scandali, nomi altisonanti gettati nel frullatore, senza valutare gli effetti, e poi potenti che piano piano si allontanano. I Carraro, i Geronzi di altri tempi e di altre inchieste. In fondo al tunnel rimangono i perdenti e i balordi di sempre. È un pensiero che faccio oggi davanti all'ultima inchiesta sui contratti. Vorrei la verità e non solo la fiammata iniziale.