Già oggi
Massimiliano Allegri non sarebbe più l'allenatore del Milan, se la squadra rossonera non si fosse qualificata per la Champions League dopo la sfida con il PSV Eindhoven. Troppo grave sarebbe stato il danno finanziario per la società (minimo 30 milioni di euro, senza contare l'immagine), troppo manifesta la sfiducia di
Berlusconi (in mezzo alle altre sue vicende) in un tecnico che mai ha sentito suo e che è rimasto su una delle panchine più prestigiose d'Italia solo per mancanza di alternative credibili e per motivi più concreti (fra ingaggio di Allegri, 4,4 milioni lordi a stagione, suo ingaggio e indennizzo da pagare al Botafogo, il
Seedorf tanto desiderato dal presidente sarebbe pesato per più di 15 milioni). Squadra leggerina, il PSV allenato da
Cocu, ma con un gran gioco e almeno due talenti, come
Wijnaldum e il neo-acquisto
Maher: contro un Milan nervoso una minima possibilità di fare il colpo ce l'aveva, ma la squadra rossonera ha affrontato l'impegno con lo spirito delle grandi serate di un passato nemmeno tanto lontano. Inutile fare la cronaca di una partita vista da tutti gli interessati al calcio, così come vivisezionare una battuta di Allegri a fine partita, l'ormai famoso 'Magari adesso mi dimetto...'. Perché così come
Conte, nemmeno
Galliani evidentemente ha il senso dell'umorismo e così dopo qualche minuto di colloquio privato Allegri ha dovuto cambiare leggermente il tiro nelle interviste. Che pena, pretendiamo la sincerità e non accettiamo nemmeno lo scherzo: ce lo meritiamo, non l'
Alberto Sordi evocato da
Nanni Moretti in
Ecce Bombo, ma lo squallido 'Ogni partita sarà come una finale' che offende l'intelligenza dei tifosi meno ottusi. Perché, dettaglio non trascurabile, quello di Allegri era di sicuro uno scherzo: visto che tre mesi fa, non tre anni, pur di non rinunciare ai soldi del Milan sotto forma di buonuscita aveva di fatto mandato a monte un accordo già definito con la Roma. Da due stipendi a zero (dimettendosi) nel giro di un'estate? Fatti pagare, fatti valere, diceva
Jannacci a
Vecchioni (sarebbe anche il testo originale, cantato dal solo Vecchioni) in una memorabile interpretazione di
Luci a San Siro. Più interessante è il discorso di fondo, un po' un nostro chiodo fisso: nell'ambiente calcistico l'allenatore è l'unico che conosca la materia, al di là delle differenze umane fra singoli tecnici, ma è anche l'unico che venga criticato a prescindere da chi non la conosce. Dirigenti, giornalisti, tifosi, anche dagli stessi calciatori che sono concentrati su sé stessi. Invece dopo un primo anno al Milan in cui lo scudetto era merito di
Ibrahimovic, un secondo posto che senza la genialata di
Berlusconi (rinunciare alla cessione di
Pato al PSG, che avrebbe dato i soldi per
Tevez) e il gol annullato a
Muntari contro la Juventus sarebbe stato di sicuro uno scudetto bis, un terzo con una squadra ultraridimensionata senza più Ibrahimovic e
Thiago Silva, Allegri è considerato non solo dal suo presidente poco più di un gestore di bell'aspetto. Risparmiamo i termini esatti, ma un giro sui principali forum di tifosi (!) milanisti è consigliato. Una battuta ci può insomma stare, soprattutto adesso che Allegri può raggiungere i 4 anni consecutivi di
Arrigo Sacchi sulla panchina del Milan berlusconiano e andare all'inseguimento dei cinque di
Capello. Non scommetteremmo invece sui sette e rotti di
Ancelotti, anche perché nel futuro del Milan un punto interrogativo grosso come una casa (almeno Villa San Martino) riguarda Berlusconi stesso.
Twitter @StefanoOlivari