Kakà per status internazionale è il grande colpo di questo calciomercato, con tutto il rispetto per campioni come
Tevez e
Higuain che il Pallone d'Oro, dal brasiliano vinto nel 2007 (anno magico, fra vittoria del Milan in Champions League e Mondiale per club), mai lo hanno anche solo annusato. Che poi il neo-acquisto del Milan sia stato giudicato dal Real Madrid, ma sarebbe meglio dire da
Ancelotti (che al Milan lo ha allenato per tutte le sue 6 stagioni), un calciatore finito o perlomeno bollito è un dato di fatto. Insomma, il giudizio più pesante sulle prospettive di Kakà è stato proprio quello, silenzioso, di un Ancelotti che è tutto tranne che autolesionista. Diversamente non sarebbe stato lasciato partire gratis, quando nel 2009 era stato pagato quasi 70 milioni di euro (mentre nel 2003 il Milan ne aveva dati al San Paolo poco più di 8). Kakà ha quindi potuto aggiungersi al lunghissimo elenco di calciatori (lo dicevano anche di
Ibrahimovic, quando arrivò da Barcellona!) che pur di andare al Milan si autoriducono l'ingaggio. Non è una questione di prestigio, perché nessun campione che passa al Bayern Monaco o al Manchester United ha mai accettato la diminuzione di un contratto in essere, evidentemente
Galliani deve saper toccare il cuore dei suoi interlocutori con le parole giuste (...). Comunque sia andata, metà del vero Kakà rinforza un Milan che in attacco è ricchissimo di alternative anche se scrivendo a sessione di mercato non ancora chiusa ci asteniamo da considerazioni tattiche definitive (se non adesso, a gennaio il grande obbiettivo sarà quello di monetizzare
El Shaarawy prima che la sua situazione precipiti). Il luogo comune, peraltro fondato, dovrebbe farci scrivere che le minestre riscaldate non funzionano mai (il grande
Boscia Tanjevic, attuale coach della Turchia di basket, ammonisce spesso: "Mai tornare dove si è stati felici") nella vita e mai hanno funzionato nel Milan, anche a livello di allenatori: basti pensare alle ultime incarnazioni rossonere di
Sacchi e
Capello, anche senza citare
Gullit o quello
Shevchenko che ci sembra il paragone più calzante (bravissima persona, all'epoca del ritorno un po' sceso come atleta, pupillo di
Berlusconi). Ma siamo convinti, nonostante la visione di decine di partite del Real Madrid con un Kakà spento, che anche solo per la prospettiva Mondiale lui abbia ancora in canna almeno una buona stagione. Può essere che in un mondo di arroganti noi si abbia un pregiudizio positivo nei confronti di chi non lo è (come appunto Kakà), ma le previsioni vanno fatte prima. Dopo aver perso di fatto le prime due stagioni al Real Madrid, la prima per la pubalgia e la seconda per l'operazione al menisco, Kakà aveva dato qualche segno di risveglio ma con
Mourinho si è sempre sentito un sopportato. E Ancelotti ha emesso il verdetto definitivo. Come seconda punta ha perso troppo spunto veloce, come rifinitore (il grande equivoco, anche ai tempi d'oro, è infatti che lo sia) è un giocatore di serie A ma normale. Adesso c'è questo mezzo ingaggio (il netto ufficiale è sceso da 10 a 4,5 a stagione, fino al 2015), quando a 31 anni non è così scontato essere dimezzati. Una scommessa che il Milan può vincere ed in ogni caso soldi ben spesi anche in ottica di marketing, visto che certe cifre fino a pochi anni fa erano riservate a panchinari.
Twitter @StefanoOlivari