Massimo Moratti ha venduto l'Inter, anzi no. Perché nel momento in cui si ripercorrono i suoi 18 anni alla guida del club nerazzurri, a volte attraverso articoli lacrimevoli di chi scroccava viaggi e biglietti omaggio, bisogna dire che l'operazione in via di definizione con gli imprenditori indonesiani (passati da uno a due, adesso sono tre) presenta diversi lati misteriosi. Il principale è la permanenza dei Moratti nel direttivo del club, da definire come numero di consiglieri (di sicuro ci sarà l'attuale vicepresidente
Angelo Mario, di sicuro non ci sarà Moratti senior) e come operatività. Non che il 30% delle quote conti come il 70, ma all'esterno i Moratti continuerebbero ad essere percepiti come i veri proprietari dell'Inter e questo fatto a Thohir, dopo essersi separato da 350 milioni di euro (fra acquisto delle quote e prima ricapitalizzazione) è impossibile faccia piacere. La seconda stranezza risiede proprio nel futuro delle quote di Thohir e soci, in qualche modo (non è che ci abbiano mandato il fax dei patti parasociali, è lo stesso Moratti che lo ha fatto capire) vincolato. Com'è possibile definirsi padroni di una società se non si possono effettuare operazioni di finanza straordinaria? Esempio: una mattina Thohir si sveglia a Giacarta e, dopo essersi consultato con il babbo, decide di mettere 400 milioni sul piatto per
Messi e
Cristiano Ronaldo. Ma non può, perché il via libera deve chiederlo anche a Moratti. Non fosse vincolato, il magnate indonesiano potrebbe tranquillamente diluire la quota dell'azionista di minoranza a colpi di megaoperazioni con conseguente ricapitalizzazione. Megaoperazioni che peraltro non ha intenzioni di fare, visto che nelle sue poche interviste ha sempre indicato l'Arsenal come modello. Traduzione: giovani magari costosi, ma non big al massimo del loro valore di mercato. E quindi? Una teoria forse maliziosa ma di sicuro fondata dice che i Moratti puntino soprattutto ad alleggerire la pressione finanziaria su di loro nel presente e nell'immediato futuro. Tanto se il modello è l'Arsenal non c'è pericolo che Thohir li faccia dimenticare a suon di Champiosn League alzate. Poi fra qualche anno, se e quando la Saras riprenderà a distribuire utili in maniera copiosa, l'Inter se la potrebbero ricomprare a prezzi non superiori a quelli di oggi. In questo quadro poco conta il nome del futuro uomo forte: da Leonardo (ormai fuori dal PSG) a Franco Baldini (neo-assunto al Tottenham) , per citare due nomi cari a Moratti e proposti a Thohir, vale tutto. Al netto del morattismo e dell'antimorattismo, che stanno imperversando un po' ovunque (ragazzi, calmatevi, non è morto nessuno), c'è poi il discorso di fondo su quello che il calcio rappresenta nella cultura di un popolo ed in particolare in Italia. Essere dispiaciuti che un grande club finisca in mani straniere (per evitare discorsi più pesanti: un presidente musulmano potrebbe tollerare una seconda maglia come quella di qualche anno fa, con la Croce di San Giorgio? Nessuna provocazione: sarebbe la bandiera di Milano, oltre che dell'Inghilterra...) non significa essere razzisti, anche perché non sembra che alla Roma gli americani abbiano introdotto modalità gestionali più avanzate di quelle di Dino Viola, di Ciarrapico o dei Sensi.
Twitter @StefanoOlivari