C'era una volta l'asse Juventus-Milan, che negli anni più militarizzati di Calciopoli si spartiva più o meno tutto a livello politico e sportivo. Adesso, con
Berlusconi in caduta libera,
Moratti in uscita (con l'asterisco), la Roma americana, il Napoli che si fa gli affari suoi e tutte le squadre medie folgorate sulla via del calcio sostenibile, la Lega di serie A dovrebbe essere il motore del sistema e non più la camera di compensazione di egoismi (la vicenda della spartizione dell'incasso di Supercoppa è esemplare) e campanilismi vari. E' questo il senso della lettera di
Andrea Agnelli agli azionisti della Juventus, scritta in stile 'dire a nuora perché suocera intenda'. Il livello medio della serie A, parlando solo di quanto accade in campo, non è certo peggiore di quello di Liga e Bundesliga, quindi è chiaro che il prodotto può e deve essere venduto meglio dalla Infront di
Sabina Began o da chi per lei. Insomma, un messaggio a
Beretta e nulla di più. Di sicuro non una richiesta di riforme strutturali, visto che in questo calcio gli Agnelli ci sguazzano da quasi un secolo. Per parafrasare la recente intervista di
Ibrahimovic, potremmo essere una Ferrari ma ci costringono ad essere una Fiat.
Alla FIFA delle decine di operai morti nei cantieri del Qatar, non tutti associabili al Mondiale 2022 ma di sicuro facenti parte dello stesso ampio progetto (cioè la trasformazione da stato fondato sul petrolio a meta turistica di lusso), importa abbastanza poco. Però la salute dei calciatori, visto che la maggior parte di essi gioca in quell'Europa che tiene in piedi quasi tutto il carrozzone, è un'altra cosa. Per questo
Blatter ha aperto più di uno spiraglio nell'ultimo Esecutivo FIFA, spiegando che valuterà, studierà, eccetera. Traduzione, fatta a beneficio del Guerino da un buon amico italiano di
Platini: Qatar 2022 salterà solo in caso di Terza Guerra Mondiale, tanto sono forti gli interessi in gioco, ma la data sarà al 100% cambiata e Blatter sta solo prendendo tempo per far digerire agli sceicchi la posizione dei grandi club europei, cioé gennaio. In modo che la Champions League, possa terminare la sua fase a gironi a fine novembre 2021 (salterebbero due soste per le nazionali, a quel punto le qualificazioni sarebbero finite da un pezzo) e riprendere come accade adesso in febbraio, a Mondiale finito.
Incredibile che in tutta Italia non si sia trovata una cordata di imprenditori in grado di dare 50 milioni di euro a
Moratti e di impegnarsi in una ricapitalizzazione nel medio periodo non superiori ai 100. Con altre cifre e altre banche, due anni fa scrivevamo le stesse cose della Roma, cioè di un altro marchio forte a prescindere dal valore della squadra. E così un altro pezzo d'Italia se ne va, svenduto come altre aziende decisamente più strategiche di quelle calcistiche. Nulla di male nell'avere finito i soldi da buttare nell'Inter, molto di male nel non ammetterlo e nel preferire un proprietario (anzi, tre proprietari) indonesiano che si pensa in qualche modo di poter manovrare (millantando chissà quali contatti) a gruppi italiani che soltanto per entrature bancarie quelle cifre avrebbero potuto tirarle fuori senza problemi. In altre parole: preferisco vendere la casa della mia vita a uno che non conosco piuttosto che al vicino di pianerottolo. Un atteggiamento umano, ma non per questo degno di lode. Eppure gli organi ufficiali del partito morattiano non mancano di sottolineare che questa è una grandissima e geniale operazione, oltre al fatto che Moratti sarà sempre lì. Al bar sotto casa ci hanno fatto la seguente domanda: ma se il problema era il marketing internazionale non sarebbe bastato assumere dirigenti di valore, invece di mezze figure presentate da conoscenti?
I Giochi olimpici del 2024 hanno una probabile candidatura fortissima, quella di Parigi a 100 anni dall'ultima edizione in terra di Francia (con tutto quello poi che la Francia ha significato per il movimento olimpico, da
De Coubertin in giù) e altre possibili candidature basate più su delusioni del passato che su progetti nuovi: fra queste Madrid, Istanbul e Roma, che nei giorni scorsi ha vinto a tavolino (Il CONI è romano,
Malagò è romano, soldi pubblici a fondo perduto è più facile darli alla capitale che a qualsiasi altra città) il non derby con Milano. Dopo due edizioni extraeuropee, Rio 2016 e Tokyo 2020, dovrebbe essere il turno dell'Europa a meno di una candidatura statunitense forte: magari la 'solita' Chicago con un dream team capitanato dal pensionato
Obama. In altre parole, l'assegnazione, nel 2017, dei Giochi a Roma è tutto tranne che probabile. Però solo un evento di questo genere, o per lo meno una candidatura convinta e portata avanti sino alla votazione finale, potrebbe dare una vera svolta all'impiantistica calcistica italiana. Perché il calcio, così come la vela, può vivere i suoi eventi olimpici anche lontano dalla sede dei Giochi. Nuovi stadi con il grimaldello olimpico, quindi. Un buon motivo per tifare a favore dell'Olimpiade italiana, ma anche per tifarle contro.
Twitter @StefanoOlivari