Cristiano Ronaldo è sfortunato, anche se a prima vista non si direbbe. Dopo 6 anni di Manchester United e 4 di Real Madrid ha vinto tutto e guadagnato di più, a livello individuale e di squadra. E nel privato, perlomeno in quella parte di privato che è pubblica, le cose non vanno male, anzi. Il suo problema, come del resto quello del rivale per il Pallone d'Oro
Lionel Messi (in caduta libera nei sondaggi, che però non tengono conto che capitani e allenatori votano spesso per sentito dire, molto più dei vituperati giornalisti), è nei pochi anni al top che gli rimangono quello di trovare una collocazione definitiva nella storia del calcio. Il problema bis è che è nato in Portogallo, il che rende manifesta l'ingiustizia del calcio: se sei il centometrista più forte di tutti i tempi, puoi anche essere nato in un'isoletta e tutto il mondo riconoscerà il tuo valore, ma nel calcio devi vincere e questo lo puoi fare solo se hai una squadra di livello non lontano dal tuo. La pensa così anche
Ibrahimovic, eliminato proprio da CR7 nella corsa al Mondiale, che in un momento di sconforto ha detto che la Coppa del Mondo senza di lui sarà inguardabile. Ironie, lazzi e frizzi dei soliti che se la prendono solo con i calciatori (soprattutto quando frequentano prostitute, cosa che notoriamente presidenti di club ed azionisti di case editrici non fanno), ma Ibra non ha in assoluto torto: un mestierante brasiliano o italiano è abbonato alla fase finale, mentre i fenomeni di altri paesi no. La colpa non è di nessuno, non si può chiedere a Blatter (anche se lui magari direbbe di sì) di allargare il Mondiale a 48 squadre solo perché ci dispiace che qualche fuoriclasse sia a casa. Diversa la posizione di quelli alla Cristiano Ronaldo, che alla fase finale parteciperanno ma con già la certezza di non potere alzare il trofeo. Perché un Mondiale non è solo una questione sportiva, lo si vince prima politicamente e poi sul campo, con la vittoria contesa da quei pochi eletti che hanno superato la preselezione politica o che ospitano la manifestazione. Togliendo Inghilterra e Francia, capaci di vincere solo a casa loro, finora il Mondiale lo hanno vinto sul serio solo in sei. Poi non è che CR7 andrà in Brasile nella squadra del dopolavoro: con lui in campo il Portogallo è arrivato secondo ('solo secondo', stavolta è il caso di dirlo visto che ospitava la manifestazione e che vinse la Grecia) all'Europeo 2004 e terzo in quello dell'anno scorso, in semifinale (battuto dalla Francia che poi avrebbe perso la finale con gli azzurri di Lippi) al Mondiale 2006 e agli ottavi (battuto 1-0 dalla Spagna poi campione) in quello 2010. E' una bella squadra, con cui però al massimo si può essere
Eusebio e non
Maradona o
Pelé.