L'Inter di
Erick Thohir è ancora in tutto e per tutto l'Inter di
Massimo Moratti, con buona pace di chi comincia a rimpiangere il passato (che è tutt'altro che passato, come abbiamo più volte sottolineato sul Guerino). Del Moratti demotivato e in difficoltà finanziaria (relativa: significa per lui non avere più 80 milioni di euro l'anno da buttare) delle ultime due stagioni, non certo di quello che pagava molte riserve quanto il suo successore intende pagare il più forte fra i titolari, 2,5 milioni. Che l'Inter sia uscita dalla Coppa Italia prima dei quarti di finale, cosa che non avveniva dai tempi dell'hombre vertical (poi rivelatosi orizzontale, ma non per demeriti sportivi)
Cuper, è quasi un dettaglio anche se un derby nei quarti, sia pure in tono minore, avrebbe tenuto alta la tensione. La rosa di
Mazzarri è in sostanza quella che aveva a disposizione
Stramaccioni l'anno scorso, con i vecchi di un anno più vecchi (oltre che attaccati alle loro vacanze natalizie) e i giovani che semplicemente non esistono. A Udine in Coppa Italia l'unico degli undici iniziali sotto i 25 anni è stato lo scontento
Kovacic e fra chi era in panchina rispondevano a questo requisito solo
Botta (poi entrato proprio per Kovacic) e
Juan Jesus: non servirebbero commenti, in attesa dell'implementazione futura del progetto Arsenal. L'unica colpa che si può ascrivere a Thohir, dopo poche settimane di non gestione dell'Inter, non è quella di vivere a Giacarta (cosa che per un indonesiano può essere normale) o di avere questi giocatori, che non ha scelto lui, ma di avere lasciato il club in balìa degli eventi. Senza una guida e con gli stessi dirigenti di prima, da
Fassone a
Branca, lasciati lì a macerare nell'incertezza: mettere una pezza al presente per guadagnare la riconferma o programmare un futuro che non li riguarda? Non esistono nemmeno ancora un responsabile della comunicazione, quando in passato ce n'erano fin troppi, o un personaggio credibile nel mondo del calcio che esenti Mazzarri dal mettere la faccia quando c'è da rispondere a dirigenti di altre squadre. Addirittura la comunicazione di Thohir in Italia viene gestita da una società esterna, come se qualcuno a Milano fosse interessato a sue attività diverse da quelle di presidente dell'Inter. Thohir non è lo sceicco scemo, ma nemmeno il prestanome che molti dicono. E' uno che ha puntato ad un affare e che se verrà remunerato il giusto potrebbe togliere il disturbo anche domani mattina invece che fra due o tre anni. Questo è il principale fra i suoi requisiti che ha convinto Moratti, che cedendo il 70% a gente più attaccata al calcio (non perché tifosa della serie A fin dall'infanzia, alla Honda, ma perché convinta che il calcio sia un acceleratore per altre attività), si sarebbe tolto definitivamente di scena. E quindi? In 18 anni Moratti ha fatto grandi scelte, grandi conquiste e grandi errori: l'ultimo degli errori si chiama Thohir. Perché la gente, stupida ma non stupidissima, se la situazione dovesse precipitare ne chiederà conto a lui.