Nel week end dedicato alla FA Cup, lo “specialista in fallimenti” Wenger ha eliminato il Liverpool, guadagnandosi l’accesso ai quarti di finale e togliendo ai Reds l’opportunità di disputare il derby con l’Everton. Una rivincita sui Reds che in campionato avevano travolto per 5-1 i Gunners appena una settimana fa, ma soprattutto una vendetta immediata sul nemico Mourinho - rispedito a casa dal Manchester City, all’indomani della conferenza in cui aveva definito in modo poco elegante un collega che in carriera ha portato a casa tre Premier League, quattro Coppe d’Inghilterra, un campionato francese e una Coppa di Francia, conquistando in due occasioni il double campionato-coppa. Definire “specialista in fallimenti” l’allenatore più vincente della storia dell’Arsenal, è dunque appena appena azzardato. Una bugia detta dal portoghese, che sapeva di mentire. Siamo vicini alla “prostitusione intelectuale” di cui Mou accusava i giornalisti ai tempi dell’Inter. È vero che dopo la Coppa d’Inghilterra del 2005, l’Arsenal non ha più arricchito di trofei la sua bacheca e che sul web si sono scatenate le ironie sul tempo immemore senza trofei da parte dei biancorossi (del tipo: nel frattempo Londra ha fatto in tempo a farsi assegnare le Olimpiadi e ad ospitarle; Guardiola a ritirarsi da calciatore e a completare da allenatore il ciclo di vittorie con il Barcellona; la Juventus a retrocedere in B, tornare in Serie A e a vincere il campionato, e così via), ma è vero pure che un lungo periodo senza vittorie non può cancellare le conquiste ottenute in precedenza. Quello che è mancato finora a Wenger, è un successo in campo europeo, per tre volte sfumato all’ultimo atto: è successo nel 1992, quando il suo Monaco (che vantava gente del calibro di Weah, Djorkaeff, Petit) perse la finale di Coppa delle Coppe contro il Werder Brema; poi nel 2000, quando, già all’Arsenal, fu sconfitto in finale di Coppa Uefa ai calci di rigore dal Galatasaray (sbagliarono Suker e Vieira; era l’Arsenal di Henry, Overmars, Bergkamp, Seaman, Adams e Keown). Ma è quella del 2006 la delusione più cocente: i Gunners, giocando il più bel calcio d’Europa, arrivarono in finale di Champions League. La prima volta di una londinese all’ultimo atto del torneo più importante. Avversario il Barcellona. La gara si mise male: al 18’ Lehmann venne espulso lasciando l’Arsenal in dieci uomini praticamente per tutta la partita. Ciononostante, i Gunners passarono in vantaggio con Sol Campbell al 38’. Nella ripresa però, Eto’o e Belletti, grazie anche ad un incerto Almunia, ribaltarono il risultato. Il meraviglioso Arsenal di Fabregas, Ljungberg, Pirès e Henry si dovette accontentare della seconda piazza e il titolo finì al Barcellona di Eto’ e Ronaldinho, di Giuly e Deco. Tre finali che avrebbero potuto inserire Wenger nella lista dei migliori tecnici della storia. Concludendo: delusioni? Sì. Fallimenti? No.
Giovanni Del Bianco