Home

Calcio

Calcio Internazionale

Formula 1

Basket

Altri Sport

Personaggi

Guerin Sportivo

LIVE

La carriera di Gheddafi

LEGGI TUTTO
Il Niger ha consegnato alla Libia, Saadi Gheddafi, figlio del rais Muammar Gheddafi - ucciso il 20 ottobre 2011 dai ribelli del Consiglio nazionale di transizione. L’estradizione è avvenuta nella notte del 5 marzo. I dettagli sono pochi e vaghi, sappiamo che le autorità libiche hanno prima ringraziato per la collaborazione il presidente nigerino Mahamadou Issoufou e poi pubblicato una serie di foto in cui mostrano Saadi in prigione a Tripoli. Perché scriviamo questo, nelle colonne del Guerino? Ovviamente perché, come probabilmente molti di voi ricorderanno, Saadi - che si era rifugiato in Niger poco prima dell’uccisione di suo padre - ha un passato da calciatore, anche nella nostra Serie A. Portato in Italia da Luciano Gaucci nella stagione 2003-04, il trentenne Gheddafino giocò - si fa per dire - due stagioni nel Perugia. Con gli umbri scese in campo una sola volta in gare ufficiali, contro la Juventus, di cui era anche socio (dunque c’era anche una sorta di conflitto di interessi, ma il nostro campionato semiserio non si è mai fatto mancare nulla). Terzultima giornata di campionato: il Perugia è a sorpresa avanti 1-0 contro i bianconeri di Marcello Lippi. Al 75’, Serse Cosmi fa entrare sul manto erboso il primo giocatore libico della storia della Serie A. Gheddafi, tra le altre cose anche capitano della sua nazionale (allenata tra l’altro per breve tempo dall’italiano Franco Scoglio) e presidente della federazione libica, subentra all’inglese Jay Bothroyd al 75’. È il suo quarto d’ora di celebrità nel calcio italiano: i media guardano divertiti e incuriositi alla presenza in campo del figlio di un dittatore. Prima di lasciare l’Umbria c'è il tempo per una squalifica per doping, che lo tiene fuori tre mesi. Poi è la volta dell’Udinese, nel 2005-06. Anche in Friuli, una sola presenza, questa volta contro il Cagliari. È Giovanni Galeone a schierarlo, facendolo entrare per Barreto a dieci minuti dal 90’. Del periodo friulano, ci si ricorda di un Gheddafi più avvezzo alla bella vita che al pallone. Il portiere dell’albergo in cui Gheddafi alloggiava, ha raccontato i capricci e le stranezze del calciatore, fuori dal rettangolo di gioco: dal bagno nel latte della moglie ad una stanza riservata tutta per il suo dobermann, dal codazzo di persone al seguito alle macchine di gran lusso. Passata senza gloria anche la parentesi bianconera, ecco che compare una terza squadra miracolosamente interessata alle doti tecniche del lentissimo calciatore libico: la Sampdoria. Ma almeno in questo caso prevale il buon senso di non schierarlo mai in campo (e di non portarlo mai neanche in panchina). Terminata l’avventura blucerchiata, Gheddafi jr., classe 1973, appende le scarpe al chiodo. Capitano della Libia, presidente federale, azionista della Juventus, calciatore nella nostra Serie A. Il rapporto tra Gheddafi e il calcio, o meglio con gli interessi che esso muove, è stato costante. Fino al tracollo, che ha capovolto la sua immagine. Da uomo che non deve chiedere mai, a uomo in fuga. L’inizio della fine: le rivolte, l’uccisione del padre, le accuse dell’Interpol (che lo ha identificato come comandante di una unità militari coinvolte nella repressione delle manifestazioni), l’asilo chiesto al Niger, l’estradizione. Gheddafi deve rispondere anche delle accuse di appropriazione indebita e intimidazioni, risalenti al periodo in cui era il presidente della Federcalcio libica. I bagni nel latte sono vaghi ricordi lontani. Così come è lontana la pompa magna con cui Gheddafi padre venne accolto in Italia, tra baciamani e leccapiedi. Prima di diventare (tornare) dall’oggi al domani il mostro che l’Occidente ha dovuto abbattere. Giovanni Del Bianco