L'Inter di Erick Thohir vale un ventesimo dei Los Angeles Clippers, che stanno per essere comprati da Steve Ballmer per due miliardi di dollari, incredibile ma vero. L'imprenditore indonesiano e i suoi soci (di fatto diventati un socio solo, Soetedjo) hanno infatti finora messo nell'impresa solo 75 milioni di euro: quelli pagati lo scorso novembre per il 70% delle azioni (poco meno del 30 è rimasto a Moratti, che così si è guadagnato a caro prezzo il diritto di essere intervistato per i prossimi anni, il resto a tanti piccoli) nell'aumento di capitale dedicato. Da lì in poi, mentre ogni giorno incolpevoli giornalisti si ingegnano di trovare un nome nuovo da gettare in pasto ai tifosi, in certi giorni davvero aprendo a caso l'almanacco, la gestione di Thohir si è distinta da quella precedente per una serie di licenziamenti (primo fra tutti quello di Branca), di mancati rinnovi di contratto a gente ritenuta al capolinea, di attivismo mediatico e di fantasia finanziaria. È arrivato quindi da poco il mitico 'closing', di cui si è letto un po' dappertutto, con tanto di garanzie bancarie (200 milioni di euro circa) di cui Moratti è riuscito a liberarsi. Il meccanismo è semplice: il finanziamento non va all'Inter F.C., cioè all'Inter propriamente detta, ma all'Inter Media & Communications, la società controllata dall'Inter e appositamente creata per gestire comunicazione, marketing e attività commerciali. Il problema è che a garanzia del debito, adesso che non c'è più Moratti, non ci sono beni di Thohir ma… l'Inter stessa! Capito quanto è geniale il calcio 2.0, quello dei 'nuovi mercati'? In mezzo a tutti questi magheggi è però evidente che qualche decina di milioni veri debba saltare fuori, per fare calciomercato e rispettare alcune scadenze di pagamento, di qui l'attivismo di Thohir su mille fronti commerciali visto che non è che si possa pagare tutto con Guarin. Tornando all'Inter Media & Communications, costituita lo scorso 6 maggio e di cui è amministratore delegato Marco Fassone, nella nostra ignoranza rimaniamo perplessi di fronte a una realtà evidente: in questa nuova società confluiranno solo le cose 'buone' (in primis diritti tivù) mentre la 'vecchia' Inter avrà solo entrate di tipo tradizionale (plusvalenze di mercato e incassi da stadio) oltre che ovviamente tutti i costi. In altre parole, l'Inter sarà una specie di bad company, senza più la gestione del suo marchio, una bad company oltretutto in pegno alle banche che fra 5 anni potrebbero diventarne padrone. E fra queste c'è Unicredit, che non è ancora riuscita a vendere a Chen Feng o a chi per lui il pacchetto di minoranza della Roma. Parentesi: il presidente della Lega Maurizio Beretta è tuttora dirigente di Unicredit… Conclusione? Moratti ha venduto l'Inter ad uno che gli garantisce di poterne tornare proprietario fra qualche anno (scenario al momento teorico, visto come sta andando la Saras) dietro il pagamento di un congruo premio, cosa che non sarebbe accaduta con un italiano o uno straniero più 'vero' di Thohir. Il vero prezzo di tutto questo è che l'Inter per una serie al momento imprecisabile di anni si trasformerà nell'Udinese, ma a differenza della società di Pozzo con un alto rischio di fallimento.