Franck Ribery ha lasciato la nazionale francese a 31 anni di età, dopo averla servita quasi sempre (il quasi dipende dal comportamento suo e di metà Francia durante il Mondiale 2010 in Sudafrica, con il famoso sciopero dei neri più Ribery) con onore in 81 partite e avere sfiorato il Mondiale nel 2006 nella squadra ai tempi allenata da
Domenech. Lo ha deciso e comunicato in maniera trasparente, dicendo di volersi dedicare al Bayern Monaco, mentre in altri paesi ci si sarebbe messi d'accordo sottobanco con il commissario tecnico. Il caso Hackett-Italia, nella pallacanestro, insegna, paragonato ad altre defezioni eccellenti... Va detto che Ribery, assente per infortunio in Brasile, se ci avesse davvero tenuto sarebbe stato nell'ultimo Mondiale a disposizione di Deschamps: l'infortunio alla schiena era di quelli gestibili con qualche iniezione, ma ha preferito non rischiare il finale di carriera con il Bayern Monaco con cui ha ancora tre anni di contratto. Conclusione politicamente corretta? Il calcio delle nazionali importa sempre di meno a chi fa parte del giro dei grandi club, diversamente un campione relativamente giovane come Ribery non avrebbe preso questa decisione con l'Europeo 2016 (il primo a 24 squadre, purtroppo) da giocare in Francia. Abbiamo tenuto per la fine ciò che veramente pensiamo: Ribery, soprattutto dopo la sua conversione all'Islam, ha assunto nei confronti della Francia intesa come paese un atteggiamento polemico a prescindere e attribuisce ogni critica mediatica (e anche le cronache, tipo quelle sulla vicenda 2010 delle prostitute più o meno minorenni) ad un'antipatia della Francia per così dire bianca nei suoi confronti. Se a questo si somma il fatto che Blanc prima e Deschamps poi abbiano cercato di convocare qualche francese 'tradizionale' in più fra i Bleus, si capisce come questo addio non sia dovuto solo al desiderio di comprendere meglio gli schemi di Guardiola.
Twitter @StefanoOlivari