La scomparsa di
Antonio Sibilia, alla bella età di 94 anni, ha riportato alla memoria non solo il suo Avellino ma anche i favolosi anni Ottanta del calcio italiano. Così vengono spesso raccontati ai giovani, con il pedale della nostalgia (canaglia) schiacciato e anche un certo disprezzo per la verità. Pur con tutto il male che si può dire della serie A di oggi, sarebbe nel 2014 impensabile per chiunque soggiacere alla mitica 'Legge del Partenio': in sostanza un clima di intimidazione fisica continua, dentro e fuori dal campo, con presenze inquietanti nei pressi della linea laterale (anche cani ringhianti, comunque più socievoli di certi personaggi) di un terreno di gioco dove dominavano fango e buche. Non sono ricordi nostri, che la legge del Partenio la vedevamo a Novantesimo Minuto, ma degli ex calciatori di quell'epoca che in qualche caso speravano di infortunarsi prima della trasferta di Avellino e dell'incontro con capitan Di Somma. Un certo timore lo incuteva anche Sibilia, che detestava i calciatori con atteggiamenti fuori dagli schemi, per lo meno dai suoi schemi: orecchini e creste sarebbero durati pochi secondi. Va anche detto che Sibilia incuteva timore ai propri interlocutori non solo per ciò che diceva o faceva, ma anche per certe amicizie come quella con il bosso camorrista Raffaele Cutolo. Questo non toglie che la sua competenza calcistica fosse eccezionale, ai livelli dei migliori direttori sportivi. Solo così si spiega come ad Avellino nei suoi anni siano transitati Ramon Diaz (il centravanti dell'Argentina!), Tacconi, Vignola, De Napoli, Carnevale e tanti altri che avrebbero sfondato anche nel grande calcio. Spesso associato ai Rozzi e ai Massimino, era in realtà un Anconetani. Mentre le logiche di quel Partenio anni Ottanta oggi le troviamo in certi campi di LegaPro e in molti di quelli di categorie inferiori, stando ai referti arbitrali e alle segnalazioni all'AIC soprattutto al Sud. Non tutto il passato è insomma da rimpiangere.
Twitter @StefanoOlivari