Il pazzesco finale dei tempi regolamentari fra Milano ed Avellino, con il botta e risposta Jerrells-Filloy, ci offre il pretesto per ricordare che nell’ultima giornata di serie A si è tirato da tre punti la bellezza, anzi la bruttezza, di 405 volte: in media 50,6 per partita. 145 i canestri, per una percentuale del 35,8% ed una percentuale reale (cioè parametrata sul canestro da due) del 53,7%: in altre parole, sparacchiare da oltre l’arco dei 6,75 metri rende la pallacanestro monotona ma statisticamente questo gioco ha senso. Tirare con il 53,7% da due, costruendo canestri in zone del campo ovviamente più intasate (al di là della qualità delle difese) e con giocatori che parlando linguaggi tecnici troppo differenti, è molto più difficile. Prova ne è che soltanto 3 squadre su 16 (Avellino, Virtus Bologna e Sassari) quest’anno tirano da due con una percentuale superiore. Ultima statistica, la più inquietante, poi la smettiamo: ben 15 squadre su 16 effettuano di media più tentativi da tre che da due, fa eccezione Torino per cui i tentativi in pratica si equivalgono.
Oltre ai numeri ci sono anche le immagini e grazie a Eurosport Player mai come in questa stagione si riesce ad avere sott’occhio davvero tutto di quello che bene o male è il massimo campionato italiano. Veniamo al vero punto della situazione, che prescinde dalla bravura degli allenatori: in squadre rinnovate o ribaltate da una stagione all’altra, ma anche a stagione in corso, è letteralmente impossibile costruire qualcosa che vada oltre lo sfruttamento cinico del regolamento. Boscia Tanjevic lo ha come al solito detto meglio di tutti, in un’intervista al Corriere della Sera: i due schemi base di oggi, la circolazione tipo pallamano, che ricorda la mezza ruota sovietica, e il penetra e scarica da Jugoslavia anni Settanta e Ottanta, nella pallacanestro di qualche anno fa venivano derisi mentre adesso sono una sorta di male necessario, che per ragioni mediatiche viene raccontato come grande spettacolo. Parliamo di pallacanestro europea e in generale FIBA, perché nella NBA la regola dei tre secondi difensivi libera un po’ le aree e permette a chi ne è capace di costruire qualche canestro in maniera più creativa.
Fissazioni da appassionati o problema reale? Lo possono dire soltanto gli spettatori. La scorsa stagione nella stagione regolare sono stati 3.863 di media a partita, praticamente gli stessi numeri del 2015-16 ma molto meno dei 6.287 della ACB spagnola, che però viaggia su altri binari organizzativi e ambientali. Media spettatori, playoff compresi, di quella che tutti ricordano come la stagione d’oro del basket italiano? Quella 1982/83, con la finale Milano-Roma e il solito (ai tempi) dominio nelle coppe europee (Milano-Cantù la finale di Coppa Campioni, Scavolini Pesaro vincitrice in Coppa delle Coppe), più tutto un sistema pubblicitario e mediatico che soffiava a favore di questo sport… Gli spettatori furono in media 3.801, in un contesto televisivo in cui si vedeva soltanto una partita NBA a settimana (e in differita di quasi una settimana, oltretutto) e quasi niente di europeo. Insomma, valgono molto di più gli spettatori di oggi: autentico miracolo, a dispetto di squadre senza identità di alcun tipo. Conclusione: il livello tecnico e tattico della pallacanestro italiana è molto peggiorato, anche senza entrare in discorsi sulla Nazionale, ma il tifoso non se ne è ancora accorto o semplicemente non gli interessa.