I Detroit Pistons battendo i Knicks al Madison Square Garden hanno ottenuto la loro prima vittoria nei playoff addirittura dal 2008: merito di un grande Cade Cunningham e delle proverbiali fiammate di Schroeder, ma non di Simone Fontecchio, che come in gara 1 non si è alzato dalla panchina se non per festeggiare i compagni. D’accordo che in stagione regolare ha chiuso giocando meno che nei mesi precedenti, d’accordo che nei playoff le rotazioni si restringono, d'accordo che è il nono giocatore per ingaggio e quindi per status, ma questa per il giocatore italiano più forte è purtroppo una bocciatura, che i quasi 8 milioni di dollari (lordi) a stagione, garantiti anche la prossima, consentono di prendere meglio ma pur sempre una bocciatura. Anche perché quei pochi minuti gli sono contesi da Ron Holland, che non è un genio del basket ma è entrato nella NBA dalla porta principale (l’anno scorso quinta scelta assoluta al draft) e ha 10 anni meno di Fontecchio.
La cattiva Eurolega di Olimpia e Virtus, in un contesto politico-sportivo di incertezza assoluta e non soltanto per la vaga idea di NBA Europe post 2026, non deve far dimenticare il buono della stagione e cioè un pubblico consolidato a livelli inimmaginabili nei rimpianti (di solito da chi come noi era giovane) anni Ottanta: nella stagione regolare 9.095 spettatori di media per la squadra di Messina al Forum e 7.792 per quella di Banchi prima e Ivanovic poi alla Unipol Arena, rispettivamente undicesimo e tredicesimo pubblico di una lega che vede in questa classifica dominare le squadre serbe, con il disastroso Partizan, allenato da Obradovic del quale si dicono le stesse cose di Messina, in testa a 18.486. Buttare via tutto questo per calarsi in un contesto in cui si andrebbe a giocare per finta o a fare la lega di sviluppo, come accade in Africa, non sembra una grande idea.
Sentiremo parlare molto di Achille Lonati, che si è appena accordato per fare il college a St. Bonaventure con un ingaggio, che non si può chiamare ingaggio, senz’altro superiore a quello che avrebbe avuto all’Olimpia per non giocare in Serie A e maggior ragione di quello che gli avrebbero offerto altri club italiani. Una scelta vincente sotto ogni profilo: di vita, di guadagno, di pallacanestro. Una scelta che rischia di diventare di massa in mezza Europa, almeno in questa fase in cui ci sono tanti giovani formati da vecchie strutture. Ma fra qualche anno? Perché un club professionistico italiano dovrebbe avere un settore giovanile? Bisogna creare un qualche tipo di convenienza per l’attività di base in un continente, quindi non solo in Italia, in cui lo sport scolastico, quando esiste, produce pochissimo per l’agonismo vero e proprio. Oppure strutture federali, magari regionalizzate (Club Lombardia, Club Sicilia, eccetera), che facciano scouting per ragazzi appena fuori dal minibasket. Certo gli USA non hanno di questi problemi, ma il fatto stesso che vengano a pescare in Europa significa che anche il loro sistema scolastico ha buchi.
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