La sconfitta della Roma sul campo del Bodø Glimt è di sicuro rimediabile, fra una settimana all’Olimpico. Ma rimane il fatto che stiamo parlando di un club norvegese il cui acquisto più costoso di tutta la sua storia è stato pagato 400.000 euro e il cui fatturato 2021 è stato poco più di 15 milioni di euro, cioè quanto è stato pagato il solo Viña. Poi nel calcio vale tutto, anche spacciare il Bodø per il Real Madrid, ma ogni giudizio dovrebbe tenere conto delle differenti potenzialità: i piagnistei per il marchandising asiatico, i diritti televisivi, lo stadio di proprietà, eccetera, dovrebbero valere soltanto quando si incrocia quella decina di club. Per adesso è come se Mourinho dovesse ribaltare un 1-2 contro l’Ascoli: sarebbe una vittoria, ma non un'impresa da leggenda.
L’equilibrio competitivo non sarà certo ristabilito dalla nuova versione del fair play finanziario della UEFA, quella secondo cui la rosa dovrebbe costare (fra ingaggi, ammortamenti dell’eventuale costo di acquisto di calciatori e allenatori e commissioni) non più del 70% dei ricavi, con una gradualità che farà entrare questa norma a regime dalla stagione 2025-26. Mettiamo anche che tutti rientrino in questo limite, che attualmente nel calcio italiano di alto livello sarebbe rispettato soltanto dall’Atalanta: quali vantaggi ci sarebbero dal punto di vista sportivo? I club con un grande bacino di utenza o comunque tanti tifosi sarebbero sempre più forti. Meglio sarebbe un tetto agli ingaggi, su base europea: questo sì impedirebbe situazioni tipo PSG e darebbe un’indicazione concreta di quanto serva per competere. Se gli azionisti hanno soldi e voglia di metterli, perché bisognerebbe impedirglielo? L’importante è che non alterino la competizione. In questo senso sarebbe utile aumentare il numero di giocatori di formazione nelle rose, ma una formazione reale, non tre anni magari fra i 18 e i 21. Insomma, il calcio sostenibile è un bluff già in teoria.
Sempre sul tema grandi club, da tenere d’occhio i criteri con cui dal 2024 (ormai dietro l’angolo, visto che riguarda qualificate di campionati che iniziano nel 2023) saranno scelte 2 squadre delle 36 della Champions: l’idea di Ceferin, diciamo pure la sua merce di scambio con i grandi club, sarebbe quella di usare il ranking degli ultimi 5 anni o magari addirittura quello storico. In sostanza i grandi club che sbagliassero totalmente una stagione, non riuscendo nemmeno ad arrivare fra le prime quattro (nel caso italiano, ad esempio) del loro campionato, avranno la certezza di essere ripescate. Ma allora la differenza con la Superlega dei cattivi Perez e Agnelli dov’è?
Sarri e la Lazio andranno avanti insieme, ma l’impressione è che lo facciano senza un grande entusiasmo. Dall’incontro fra l’allenatore e Lotito sono uscite soltanto vaghe promesse di calciomercato, peraltro tutte da finanziare con la cessione di Milinkovic-Savic, e nessun annuncio di quel prolungamento che prima di Natale sembrava cosa fatta. Il contratto rimane fino al 2023 e alla fine ‘progetto biennale’ significa nella migliore delle ipotesi contratto di due anni rispettato. La certezza è che l’allenatore sarà ascoltato di più da parte di Lotito e Tare, non fosse altro che perché cambierà mezza squadra fra contratti in scadenza (Strakosha, Leiva, Luiz Felipe e Leiva), partenti probabili (Milinkovic e forse Acerbi), ruoli totalmente scoperti (come il portiere, se verrà lasciato libero anche Reina) e la necessità di pensare al dopo Immobile o comunque ad un’alternativa ad Immobile che in questa stagione è mancata come non mai.