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Il campionato delle seconde

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© LAPRESSE
Il volo del Napoli, il futuro di Allegri, l'importanza della Supercoppa e il miracolo di Ballardini.

La clamorosa vittoria del Napoli contro la Juventus potrebbe a girone di andata non ancora completato avere chiuso il campionato, dal punto di vista psicologico prima ancora che aritmetico, aprendo una gigantesca battaglia per la Champions League. La squadra di Spalletti ha adesso 9 punti sul Milan, 10 su Inter e Juventus, 13 sul terzetto Roma, Lazio e Atalanta che vincendo, nel caso dell’Atalanta stravincendo, le proprie partite ha accorciato la classifica del minicampionato delle seconde. Un torneo su cui gravano i provvedimenti della giustizia sportiva nei confronti della Juventus, di cui pochi parlano ma in cui tanti sperano: come cambierebbe il futuro di Roma e Lazio con una qualificazione alla Champions? Dalla celebrazione dell’ultima prodezza di Dybala, decisivo con la Fiorentina ridotta in dieci, e dei record di Immobile, bloccato a Reggio Emilia dall’ennesimo infortunio muscolare, all’Europa che conta sarebbe un bel salto. In ogni caso nessuno farà un calciomercato di riparazione che guadagni titoli e click, quindi l’incertezza dietro al Napoli probabilmente si trascinerà ancora un po’: un bene per i media e un po’ per tutti. Comunque non è colpa di De Laurentiis e Giuntoli se hanno fatto una squadra migliore di chi gli sta dietro, spendendo meno soldi.

Quella al Maradona è stata l’ultima partita della Juventus prima della rivoluzione societaria che sarà ufficializzata mercoledì, con Gianluca Ferrero presidente, Maurizio Scanavino amministratore delegato ed il sostanziale azzeramento della dirigenza, da Andrea Agnelli in giù. Manca ancora il nome del nuovo direttore sportivo, cosa che nel breve periodo rafforza la posizione di Allegri, ma è chiaro che scelto il successore di Cherubini la posizione dell’allenatore tornerà d’attualità. Le 8 vittorie consecutive senza subire reti sono state dimenticata da tanti dopo la sconfitta con la migliore squadra d’Italia. Figlia di alcune scelte di Allegri, come Chiesa laterale a tutta fascia, peraltro corrette in corso d’opera, ma anche di un secondo tempo mentalmente disastroso dopo avere sfiorato il pareggio nel primo. Dalla statua equestre al lancio dei pomodori nel giro di 90 minuti, cose del calcio che Allegri sa mettere in prospettiva. Anche perché è il primo a sapere che Conte, Zidane o chiunque di questa fascia di mercato mai verrebbero in una Juventus ridimensionata, mentre lui gli ultimi due anni di contratto li onorerebbe senza fare lo schizzinoso pur senza essere (e nemmeno voler essere) un allenatore per giovani.

La Supercoppa di mercoledì a Riyad è una coppetta, come del resto è sempre stata fin dai tempi della proposta di Paolo Mantovani, ma avrà effetti pesantissimi su chi non la vincerà. Soprattutto se dovesse essere il Milan, fresco di eliminazione dalla Coppa Italia, che a Lecce si è salvato in qualche modo ma ha dato per l’ennesima volta una cattiva impressione come atteggiamento. Il primo a sostenere questa tesi è Pioli, che continua anche a criticare il mercato del club in maniera sfacciata, tenendo in panchina tutti i nuovi acquisti, a partire da De Ketelaere che in Salento non è entrato nemmeno per un minuto. Al di là di un mercato di riparazione che non ci sarà, si sente tutta la differenza fra Ibrahimovic nello spogliatoio, anche a 41 anni, e l’Ibrahimovic attuale, influencer con rientro agonistico incerto, per non dire di peggio. Al di là dei tre punti poco brillante anche l’Inter con il Verona, Simone Inzaghi è quasi uno specialista in questi traguardi intermedi (tre Supercoppe e due Coppe Italia vinte) e le ultime due partite le ha giocate in maschera proprio pensando a Riyad: sarà la partita di Lukaku, che giochi o non giochi, causa di tante situazioni mal gestite (Skriniar e Dybala su tutte) ed equivoco di una stagione che girerà intorno alla Champions.

Difficile pensare che Sampdoria, Verona e Cremonese si possano salvare, per situazioni societarie e limiti tecnici, ma non sono ancora rassegnate e questo è un bene per la regolarità di un campionato che già vede un'inquietante massa di squadre lontanissime sia dall'Europa sia dalla retrocessione: l'Udinese ottava è 9 punti sotto Roma, Lazio e Atalanta, mentre il Sassuolo diciassettesimo è 7 punti sopra la Sampdoria. Nel non rassegnarsi rientra anche il classico cambio dell’allenatore, spesso criticato in maniera moraleggiante ma che i numeri storici dicono essere mediamente utile. Non perché incapaci vengano sempre sostituiti da scienziati del calcio, ma perché almeno nel breve periodo i giocatori credono ad una svolta. Poi ci sono anche quelli più bravi degli altri nel ribaltare situazioni difficili e fra questi uno dei primi nomi che viene in mente è Davide Ballardini, ingaggiato dalla Cremonese dopo la sconfitta con il Monza al posto di Alvini con un contratto fino al 2024. Ballardini non è un talebano a livello tattico (poi viene associato a Sacchi, avendolo incrociato come giocatore, ma i punti in comune sono davvero pochi), predilige il 3-5-2 e in carriera ha giocato con qualsiasi modulo (fra l’altro sul treno della vita, quello della Lazio, salì con la difesa a quattro), partendo sempre dalle preferenze dei giocatori che lui individua come riferimento. Avendo avuto a che fare con presidenti invadenti, da Preziosi a Zamparini, da Cellino a Lotito, la sua strategia è sempre stata quella di compattare lo spogliatoio e di fare scelte nette. Spesso gli è bastato, ma salvare questa Cremonese sarebbe ai confini del miracolo, superiore anche a quello fatto con l’ultimo dei suoi ritorni al Genoa.