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Il tifo degli arbitri, Ancelotti da Nazionale, il caso Paratici e l'Inter Under 23

L’intervista rilasciata da Marco Guida a Radio Crc, quella in cui nella sostanza ha detto che lui e il collega Maresca in quanto napoletani hanno per motivi ambientali paura ad arbitrale il Napoli, ha toccato un nervo scoperto di questo mondo. Perché dal 2023, anche se in pochi lo sanno, il tabù delle designazioni per una squadra della propria sezione o della propria città è caduto. Poi la realtà è che in pochissimi casi, in pratica soltanto Sozza e Doveri, si sono visti milanesi con squadre milanesi, romani con romane, eccetera. Il vero tabù, almeno nella testa dello spettatore, è il tifo dell’arbitro e questo tipo di imparzialità non la può garantire alcun certificato anagrafico, visto che un pugliese o un siciliano hanno ottime probabilità di tifare Inter, Milan e Juventus. E se un milanese o un romano detestassero ‘l’altra’ squadra della sua città? Detto questo, i vertici arbitrali sanno benissimo per chi simpatizzano (il tifo è per la carriera e per i gettoni) i loro arbitri e il fatto che si stia affacciando alla Serie A una generazione di arbitri nata con i social network fa sì che lo sappiano anche gli spettatori.  

Due calci di punizione di Declan Rice, che mai aveva segnato su punizione in vita sua e che nemmeno è lo specialista designato dell’Arsenal, visto che si divide i tiri con Sterling e Odegaard, scrivono un nuovo capitolo del libro ‘La fortuna di Ancelotti’ (di solito non si scrive ‘fortuna’), con più di trent’anni di carriera messi in discussione dall’ultimo risultato, quando non dall’ultima impressione. Il ritorno di questi quarti di Champions sarà soltanto una delle tante partite senza domani di Ancelotti, buona parte di queste vissute al Real Madrid, inutile fare congetture sulla eventuale remuntada. Di certo c’è, anche se si parla sempre degli attaccanti, che la fase difensiva del Real 2024-25 è penosa e che il terreno preparato dai media della casa per l’esonero aprirebbe scenari interessanti per il Real, incerto fra il solito players’ coach (archetipo Zidane, che non è nemmeno un allenatore, ma ormai anche l'Ancelotti degli ultimi tempi) e uno leggermente più rigido come potrebbe essere Xabi Alonso, e per Ancelotti stesso. Se prescindiamo dai soldi, a 66 anni e dopo il Real Madrid si può allenare soltanto una nazionale. Con l’Italia guidata dal coetaneo Spalletti non c’è mai stato l’incastro giusto e nemmeno questa volta ci sarebbe, a meno di farsi un anno di vacanza. In fondo anche dopo il divorzio del 2015 fece così. Sarebbe meglio che andare nel Brasile del dopo Dorival a farsi trattare da usurpatore.

Non possiamo credere che Giorgio Furlani abbia trattato per giorni l’ingaggio di Fabio Paratici come nuovo uomo forte del Milan per la parte sportiva, a prescindere dalla carica, per scoprire che è squalificato fino al 20 luglio, posto che una squalifica di questo tipo abbia mai limitato la reale operatività di un dirigente. Fra l’altro, come ha ricordato Gravina in maniera questa sì sospetta (quando mai un presidente FIGC ha commentato il fallimento di una trattativa?), per la giustizia sportiva non c’è alcun ostacolo al mettere sotto contratto Paratici. Veniamo al punto, da molti addetti ai livori suggerito fra le righe: Marotta ha paura di un rientro nel calcio che conta del suo ex allievo alla Sampdoria ed ex sottoposto, ma soprattutto ex amico, alla Juventus? E quindi per questa paura avrebbe seminato zizzania facendo fallire la trattativa? Paura non ci sembra la parola giusta, perché ci sono tanti direttori sportivi che potrebbero fare bene al Milan, visto che negli ultimi 4 mercati (lo abbiamo ricordato ieri, per dire che Inzaghi ha dato più all'Inter di quanto l'Inter abbia dato a Inzaghi) ha speso 400 milioni più dell’Inter. Ma una questione personale probabilmente sì. In ogni caso dubitiamo che a Cardinale o a Elliott di tutto questo importi qualcosa: alla fine hanno preferito ripartire con un dirigente senza grane giudiziarie: chiunque sia, che faccia meglio di un non dirigente è sicuro. 

A proposito di Inter e Milan, Marotta ha annunciato la nascita della seconda squadra neroazzurra, sempre che in C si liberi un posto (ma per come sono messi i club se ne potrebbero liberare tanti), come quelle di Milan, Atalanta e Juventus, all’epoca proprio con Marotta e Paratici ispiratori dell’operazione. Questa Inter Under 23 giocherà al Brianteo di Monza e al di là delle belle parole sui giovani, la cantera, eccetera, avrà le stesse logiche delle cugine: prolungare la carriera a ex Primavera che non si riescono a dare in prestito in serie B, mettere il marchio di un club famoso su giocatori di livello medio-basso da rivendere, tirare fuori qualche riserva decente quando in prima squadra scoppia un’epidemia. Niente che finora abbia scatenato l’entusiasmo delle folle, tanto meno quello delle squadre normali di C che nemmeno hanno avuto una visibilità di riflesso.