Ai Giochi di Tokyo 1964, il giapponese
Kokichi Tsuburaya conquista la medaglia di bronzo nella gara più massacrante: la maratona. Ma nemmeno lui si immagina che quel terzo posto sarebbe diventato l'inizio dei suoi problemi.
Nato a Sukagawa (vicino Fukushima) nel 1940, Tsuburaya fa parte della squadra di atletica leggera che ha il compito di difendere i colori del Giappone alle Olimpiadi casalinghe del 1964. Kokichi si cimenta nelle gare sulla lunga distanza e ben figura nei 10.000 metri, giungendo 6° al traguardo. L'ultimo giorno di quei Giochi è in programma la
maratona. Il nostro è lì, ai nastri di partenza. Non solo: la sua prestazione va oltre ogni più rosea previsione ed entra nello stadio dietro il campione uscente Abebe Bikila, che sta per compiere il bis. La folla dei suoi connazionali lo sostiene a gran voce, ma l'argento sfuma perché lo sfinito Tsuburaya si fa superare negli ultimi metri dal britannico Heatley.
Medaglia di bronzo alla prima partecipazione, un risultato comunque eccellente, direte voi... invece no: la delusione per la vittoria mancata davanti a migliaia di giapponesi viene mal digerita. Kokichi viene costretto a lasciare la fidanzata e a concentrarsi esclusivamente sulla corsa, per "lavare l'onta" a Città del Messico quattro anni più tardi.
Ma nel 1967 si infortuna gravemente, lesionandosi il tendine d'Achille in allenamento: un incidente che a quei tempi troncava la carriera di uno sportivo nella maggior parte dei casi. Tsuburaya viene operato e, sostenuto dal parere positivo dei medici, può fortunatamente riprendere l'attività. Il corridore di Sukagawa, nonostante i tentativi e la buona volontà,
non ce la fa. I dolori sono atroci e sanciscono la fine del sogno olimpico. Dolore nel fisico, ma soprattutto nell'anima.
Kokichi Tsuburaya si toglie la vita nella sua camera della Scuola di Formazione della Guardia Nazionale, il 9 gennaio 1968. Accanto al corpo senza vita viene ritrovato un
biglietto d'addio:
"Caro padre e cara madre, Kokichi è troppo stanco per correre ancora. Vi prego di perdonarmi. I vostri cuori non hanno mai smesso di preoccuparvi e di aver cura di me. Caro padre e cara madre, Kokichi avrebbe voluto vivere accanto a voi".
Il compagno di Nazionale e d'allenamento
Kenji Kimihara gli dedica l'argento conquistato in Messico dietro Mamo Wolde.
Fabio Ornano
@fabio_ornano