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Una come Jana Novotna sarebbe un’aliena nel tennis di oggi, ma un po’ lo era anche in quello dei suoi tempi, quando non erano comunque molte le donne in grado di giocare a rete senza farsi perforare dalle superatlete che stavano crescendo di numero. La Novotna era l’incarnazione di quella campionessa emotivamente fragile che conquista, non a caso di lei si ricordano di più le belle sconfitte che le tante grandi vittorie, Wimbledon 1998 su tutte. La brutta sconfitta della campionessa ceca è arrivata alla fine, a soli 49 anni, contro il cancro, mentre fra quelle sul campo rimane nella storia del tennis quella nella finale di Wimbledon 1993, contro Steffi Graf: in vantaggio 4-1 e 40-30 nel terzo set, si bloccò e la tedesca fece 5 game di fila. La premiazione, con il pianto disperato sulla spalla della duchessa di Kent, fa venire ancora oggi i brividi anche se perdere dispiace a tutti ed ogni anno le emozioni si rinnovano. Da ricordare anche la finale degli Australian Open 1991, persa in tre set contro Monica Seles, e quella di Wimbledon 1997 persa sempre in tre set con Martin Hingis.
Per caratteristiche tecniche era una eccellente doppista, vincitrice di tutto e più volte (12 tornei dello Slam, infiniti piazzamenti) con diverse compagne: Helena Sukova, Gigi Fernandez, Larisa Savchenko, Arantxa Sanchez, Lindsay Davenport, Martina Hingis per citare quelle con le quali ha avuto affiatamento e trofei. Il web è pieno delle sue statistiche (24 tornei vinti in singolare, 76 in doppio), ma il suo gioco assolutamente fuori dal tempo vale più dei numeri. Il confronto inevitabile è ovviamente sempre stato con Martina Navratilova, ceca di nascita e formazione, di 12 anni più anziana e moltissimo più vincente: si sono incrociate quindi in due fasi diverse delle rispettive carriere, con la declinante Martina capace però di vincere 6 scontri diretti su 7. Meno elegante da fondo campo, la Navratilova aveva però un migliore servizio e una carica agonistica nettamente superiore: come volée e smash, parlando di stile, non appartenevano a pianeti diversi. Per ragioni di età la sua vera rivale sportiva è stata la Graf, che al di là di quello Wimbledon l’ha quasi sempre battuta (29-4 i confronti diretti): troppo più atleta, la tedesca, troppo più solida da fondo campo pur avendo un rovescio solo (però cinque o sei diritti diversi e tutti letali). Della Graf non è mai stata amica, ma nemmeno nemica come tante nel circuito WTA.
Con la Navratilova nonostante tutte le differenze caratteriali, le diverse difficoltà affrontate (l’abbandono della Cecoslovacchia a metà anni Settanta fu per Martina molto pesante, mentre Jana si è affermata quando il comunismo era già un brutto ricordo) e le opinioni differenti sul modo di vivere l’omosessualità (la Navratilova più portata alla battaglia mediatica, la Novotna al privato) il rapporto è nel corso degli anni diventato splendido. Compagne di doppio in esibizioni per vecchie glorie ma soprattutto amiche: quando qualche anno fa la Navratilova fu colpita da un tumore al seno fu Jana a sostenerla moralmente e ad accompagnarla materialmente ogni giorno alla varie terapie. La Navratilova poi quella partita l’ha vinta, mentre la Novotna l’ha purtroppo persa. Ma come al solito ha giocato bene.
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