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Il 26 luglio 1980 quella che forse è la sportiva italiana più grande di sempre coronò la sua carriera a Mosca con la vittoria olimpica. Con tutte le difficoltà della grande favorita...
Una delle più grandi imprese nella storia dello sport italiano compie 40 anni: la medaglia d’oro di Sara Simeoni ai Giochi di Mosca del 1980 è stata giustamente celebrata da quasi tutti e la sua peculiarità consiste forse nel non essere stata un’impresa miracolosa, ma il coronamento di una carriera questa sì miracolosa, ben oltre i confini del salto in alto, al suo apice dopo il doppio record mondiale (2,01 a Brescia e a Praga) di due anni prima.
Vincere da grande favorita, soprattutto in un’Olimpiade, significa saper sopportare un pressione enorme e quella alla vigilia di quei Giochi fu anche superiore al solito perché la ventisettenne Simeoni era stata uno dei pochi sportivi italiani a schierarsi con forza con il boicottaggio di molti paesi, fra cui l'Italia (che poi lo avrebbe messo in pratica a metà), in segno di protesta contro l’invasione sovietica dell’Afghanistan. Se lo poteva permettere, Sara, per la sua forza e per il fatto di non far parte di gruppi sportivi militari, che all’epoca non avevano fagocitato, statalizzato e demotivato il mondo femminile.
Per la campionessa europea e vicecampionessa olimpica in carica qualche titubanza nella qualificazioni, con 1,88 superato alla seconda prova, poi finalmente il giorno dei giorni. Sabato 26 luglio. A 1,88 uscì di gara una delle favorite, l’ungherese Matay, primatista mondiale indoor con 1,98, e anche la giovane sovietica Tamara Bykova, tradita dall'emozione e che più avanti avrebbe fatto grandi cose, portando il record mondiale a 2,05. 1,94 si rivelò una misura insormontabile per la tedesca est Rosemarie Ackermann, la rivale di sempre oltre che oro a Montreal 1976, ma penalizzata da diversi infortuni. A 1,94 ci fu quindi la certezza della mefaglia, visto che valicata questa misura rimanevano in gara soltanto la Simeoni, la polacca Urszula Kielan e la tedesca est Jutta Kirst. La Simeoni non aveva errori, però al contrario delle rivali, che oltretutto erano già sui propri limiti. Comunque la fuoriclasse veronese saltò 1,97 alla seconda prova, le avversarie nemmeno alla terza.
Medaglia d’oro fra le lacrime, sue, e le congratulazioni, le prime arrivate proprio dalla Ackermann. La seconda medaglia d’oro dell’atletica italiana femminile, dopo quella di Ondina Valla a Berlino 1936 negli 80 ostacoli. Tre tentativi, ormai scarica psicologicamente, a 2,02, prima dei festeggiamenti e di una premiazione un po’ amara, senza inno di Mameli e senza bandiera dell’Italia. Ma a quattro decenni di distanza rimane l’impresa e la gioia di tutta l’Italia per una delle medaglie d’oro più meritate della storia. Anche se la Simeoni ha sempre considerato gara della vita l’argento di Los Angeles 1984, 2 metri saltati quando ormai era una ex.
Gli sportivi vanno giudicati nel loro tempo, ma non si può non ricordare che 1,97 è stata anche la misura saltata dalla medaglia d’oro di Rio 2016, Ruth Beitia. Nel suo tempo la Simeoni arrivò in un’atletica italiana depressa, soprattutto al femminile, e portò il record italiano da 1,71 a 2,01. 30 centimetri: misure da gara scolastica e il top internazionale. Ma non è solo per le misure o per l’esposizione mediatica, ai suoi tempi molto limitata anche per la mancanza di occasioni (reality, isole, gare di ballo, eccetera), che Sara Simeoni è rimasta nel cuore degli italiani. Aveva, e ha, qualcosa in più.
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