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L'addio al tennis di una giocatrice che avrebbe potuto vincere molto di più è avvenuto nel suo stile, in silenzio. Perché non c'è niente da spiegare...
Camila Giorgi si è ritirata? Probabilmente sì, ma già il punto interrogativo dice tutto del mistero che ha sempre circondato questa ragazza, con le potenzialità per diventare la migliore tennista italiana di sempre ma che certo non lo è stata, visto che come risultati e come continuità ad alto livello è stata molto sotto non solo di Schiavone, Pennetta, Vinci ed Errani, ma anche di Farina e Reggi, senza mettersi a fare la contabilità delle altre che hanno fatto meglio del suo 26 di best ranking WTA: citiamo Paolini e Trevisan, per fare esempi del presente, senza dimenticare Cecchini, Garbin e Grande. Insomma, il personaggio Giorgi ha sempre nettamente superato la giocatrice, senza peraltro nulla di costruito o di 'furbo', e la cosa è clamorosa perché la Giorgi ha per quasi dieci anni giocato il tennis delle migliori (in carriera battute per 17 volte giocatrici fra le prime 10 del ranking) ma in un torneo dello Slam non è mai riuscita ad andare oltre i quarti di finale, raggiunti peraltro una volta sola, a Wimbledon 2018.
Il punto interrogativo, dicevamo. Perché lei, o chi per lei, ha compilato il modulo per chiamarsi fuori dai controlli dell’International Tennis Integrity Agency. Insomma, l’antidoping. Un comportamento possibile soltanto per i giocatori ritirati e che non abbiano la minima intenzione di tornare in attività. La trentaduenne italiana, nei momenti no degradata da parte dei media ad italo-argentina o argentina di Macerata, non ha ancora comunicato la sua decisione alla WTA e meno che mai ai media: possibile che lo faccia presto, nel primo caso, e mai nel secondo, meno che mai con un temino scritto da altri in giornalistese. Di certo, al di là del calo delle motivazioni e dei problemi fisici, qualche colpo in canna lo aveva ancora e l’anno scorso a tratti lo si è visto: vincitrice a Merida, semifinalista a Eastbourne, due turni passati agli Australian Open e a Roma. Poi il suo inizio di 2024 non è stato brillante e l’ultima partita della carriera rischia di essere la sconfitta contro la Swiatek a Miami. Non è nello stile della Giorgi averci pensato, ma lasciare l'attività perdendo contro la numero 1 è perfetto.
In ogni caso siamo alla fine di una buonissima carriera, con 749 match WTA (430 vinti e 319 persi), il 1000 di Montreal vinto nel 2021, sei milioni e mezzo di soli premi vinti (quindi senza contare le sponsorizzazioni, che lei comunque non ha mai sfruttato fino in fondo, anzi) e tante occasioni perse. Molti addetti ai lavori dicono per colpa del padre-allenatore Sergio, di fatto l’unica sua guida tecnica anche se nelle varie peregrinazioni, dalla Spagna alla Francia (dove in un incidente morì l'amatissima sorella), dall’Italia alla Florida, la Giorgi ha potuto metterlo a confronto con altri allenatori. Non c’è insomma la contro-prova che con un allenatore esterno alla famiglia lei avrebbe fatto meglio, come al solito si giudica con il senno di poi mentre con quello di prima si può dire che Sergio Giorgi abbia evitato alla figlia adolescente lo stress (ed i costi) di una carriera juniores, un po’ come a suo tempo aveva fatto Richard Williams con Serena e Venus. In campo alla figlia è sempre mancato il piano B, ma quante tenniste anche di primissima fascia ce l’hanno? Anzi, proprio questo gioco da videogioco, senza troppe variazioni, l'ha portata in alto.
In definitiva a mancare davvero alla Giorgi è stata non la dedizione nei confronti del tennis, sport per cui ha fatto grandissimi sacrifici anche personali, ma la voglia di cambiare e di migliorare, rischiando per puntare al massimo. Poi lei, anche giustamente, non si è mai aperta se non per ufficializzare ciò che tutti vedevano (“Per me il tennis è una lavoro”), e sarebbe sorprendente se dopo aver riattaccato il telefono si mettesse adesso a fare l’ospite televisiva, l’opinionista o la concorrente di reality show. Certo la bellezza ed il fascino non le sono mai mancati, e alcune (poche, ripetiamo) sponsorizzazioni magari sono arrivate anche per questo motivo, ma la sensazione è che dietro a tutto questo ci fosse altro. Che lei non ha mai espresso a parole, riuscendoci soltanto qualche volta con il tennis. Magari ci riuscirà nella moda, con la sua Giomila in collaborazione con la madre Claudia, per cui ha rinunciato a lucrosi contratti con grandi aziende, o con altre idee.
A noi Camila Giorgi è sempre sembrata una versione femminile di Agassi, sia pure con risultati ed impatto sulla storia del tennis ben diversi. Ma il suo Open l’ha scritto con i suoi comportamenti, la sua riservatezza da involontaria diva e la sua disarmante sincerità, come quando prima di una partita contro Serena Williams le chiesero un giudizio sulla sua avversaria e sul torneo e lei rispose, senza spocchia, che non seguiva il tennis femminile, anzi che non seguiva proprio il tennis. Questo Agassi durante la carriera non l’ha mai detto, anche se molti tennisti, diventati tali per imposzione genitoriale, lo pensano… Di sicuro quella della Giorgi non è una posa, vista la quasi totale assenza di post o foto tennistici sui suoi account. Se la carriera della Giorgi si chiude con la malinconia di ciò che sarebbe potuto essere e non è stato, l’addio (?) lo troviamo davvero grandioso. In silenzio, senza la finzione di quei messaggi vergati da ghostwriter e senza lacrime degne di miglior causa. Una volta si diceva che la vita iniziasse a 40 anni, per la Giorgi è iniziata a 32.
stefano@indiscreto.net
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