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Giochi Olimpici di Parigi 2024 - Atletica, Mattia Furlani medaglia di bronzo nel salto in lungo

Mattia Furlani, of Italy, bronze medal in the men's long jump final at the 2024 Summer Olympics, Tuesday, Aug. 6, 2024, in Saint-Denis, France. (Photo LaPresse/Gian Mattia D'Alberto)© LAPRESSE

Furlani nel futuro

Parigi 2024, giorno 14: la prima medaglia nell'atletica, la storia di Velasco, il record di Arese e la rimonta di Jokic

6 agosto

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Mattia Furlani, 19 anni. La prima medaglia italiana di Parigi 2024 nella regina degli sport è arrivata nel modo più bello, da un ragazzo predestinato, ma predestinato a dire poco, con una serie di salti regolarissima ad alto livello ed un nullo che forse, e sottolineiamo forse, gli ha fatto sfiorare la medaglia d’oro. Che è andata a Tentoglou, di nuovo quindi campione olimpico, con 8.48, davanti a Pinnock a 8.36, e appunto a Furlani, con un 8.34 di soli 4 centimetri sotto il suo primato personale, quell’8.38 che agli Europei di Roma gli era valso la medaglia d’argento (dietro a Tentoglou) ed il record mondiale Under 20. Medaglia enorme, a 19 anni Furlani ha già una carriera superiore ad alcuni grandi dell’atletica italiana e tanto ancora farà. Ancora inesplorato il potenziale di un fenomeno, figlio di atleti, che salta in alto 2.17 e corre i 100 in 10”64. Concentrarsi sul salto in lungo è stata una scelta produttiva, complice anche la concorrenza limitata rispetto ad altre specialità, dobbiamo dirlo, con misure che sono quelle con cui si vinceva 40 anni fa. E proprio 40 anni fa, a Los Angeles, era arrivata l’unica altra medaglia italiana nel lungo, da Giovanni Evangeslisti, saltando 8.24 nella gara vinta da Carl Lewis.

La storia l’ha fatta anche l’Italia di Julio Velasco, che ha superato con un 3-0 il muro dei quarti di finale, risultato per le donne azzurre invalicabile nelle sei precedenti Olimpiadi e sempre ricordando a chi storce il naso che prima del 2000 la nazionale femminile ai Giochi nemmeno si qualificava. Il quarto con la Serbia campione del mondo dopo un inizio pessimo, soprattutto in ricezione, è stato semplicemente perfetto, e non c’è stato bisogno di rimonte epiche per Orro, Egonu (bella la gestione velaschiana dei cambi con Antropova, anche in quest'occasione sembrata più in palla della compagna-rivale) e Danesi, che giovedì sera in semifinale avranno la Turchia di Daniele Santarelli, marito del libero azzurro De Gennaro ma soprattutto campione ovunque, con la sua Imoco Conegliano a livello di club e proprio con la Serbia (lui in panchina nel Mondiale 2022) e la Turchia, campione d’Europa in carica ma dall'Italia strabattuta nel girone. Impossibile che Velasco non pensi ad Atlanta 1996 e a quella finale persa con l’Olanda battuta 3-0 pochi giorni prima, ma nel 1996 la più anziana delle sue giocatrici, la De Gennaro, aveva 9 anni, e quasi nessuna delle altre era nata. Ma l'Italia vista con la Serbia, che ha mandato fuori giri anche una fuoriclasse come la Boskovic, dovrebbe bastare.

Tornando all’atletica italiana, dopo il bronzo di Furlani e il quasi-bronzo di una straordinaria Nadia Battocletti nei 5000 (squalifica della Kipyegon giustamente annullata perché non era stata lei ad iniziare la battaglia con la Tsegay) bisogna dire che si riparte anche da una Larissa Iapichino apparsa al suo meglio nelle qualificazioni del lungo, superate con un 6.87 al secondo salto: una misura quasi da medaglia, a 7 centimetri dal suo record personale e a 24 dal record italiano della madre Fiona May, presente allo Stade de France ma come al solito molto discreta. Si riparte anche da un clamoroso record italiano di Pietro Arese nella finale dei 1500 in cui un Ingebrigtsen non al massimo (diversamente non sarebbe stata una questione di tattica) ha fatto da lepre per i temponi di chi poi gli è arrivato davanti, con andatura sostenutissima e regolare, chiusa con una progressione senza strappi. L’azzurro ottavo in 3’30”74, superando quindi il suo 3’32”13 di due mesi fa a Oslo: la grande stagione (da ricordare anche il bronzo agli Europei di Roma) di un atleta eclettico, un venticinquenne che spazia dal mezzofondo veloce alle siepi (ci piacerebbe rivederlo lì) al cross, non è certo la fine di un percorso.

Il giorno dei giorni per gli appassionati di pallacanestro, quello dei quarti di finale del torneo olimpico maschile, a Parigi ha un po' deluso. Senza dubbio nella memoria rimarrà la rimonta della Serbia contro l’Australia, dopo essere stata sotto addirittura di 24 punti. Un’impresa firmata da Jokic, di fatto il creatore di ogni attacco serbo, tranne quando Milutinov lo ha fatto rifiatare, che nel momento peggiore per la sua squadra si è messo a fare da centroboa in attacco ma soprattutto a fare il leader difensivo, ispirando e concretizzando la strategia di invitare all’entrata anche Mills e Giddey, nonostante fossero entrambi on fire. Decisivi Micic e Dobric, a fiammate Bodganovic, la Serbia ha tutto per stare in partita con gli USA in semifinale fino all’inevitabile sprint finale di LeBron James e compagni. Rimonta, ma soltanto di 12 punti, per la Germania contro la Grecia, anche in questo caso portata più da un cambio di passo difensivo che da mirabilie in attacco, limitando Antetokounmpo dopo l’ottimo inizio della stella dei Bucks. Nella Francia la mossa di Collet di escludere Gobert ha pagato: Canada dominato, grazie soprattutto a Cordinier e Yabusele, poi respinto quando sulla spinta di Gilgeous-Alexander e di Barrett si è rifatto sotto. Wembanyama sempre buono, senza strafare, ma tangenziale rispetto alla squadra. Cosa dire degli USA che hanno massacrato il Brasile, con tre quarti di garbage time? In questo clima da esibizione non c’è magia, l’unico rischio che corre la squadra di Kerr, che in realtà sembra allenata da LeBron James, è quello di festeggiare con troppo anticipo.

stefano@indiscreto.net

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