L'atletica dopo Schwazer

Adesso che è arrivato l'esito delle controanalisi si può dire che la carriera atletica di Alex Schwazer sia ufficialmente finita. La Iaaf, cioè la federazione internazionale, lo ha sospeso con effetto immediato e questo significa l'addio ai Giochi di Rio e quello, vista la precedente squalifica finita di scontare a fine aprile, alla marcia. L'avvocato di Schwazer, Gerhard Brandstaetter, ma soprattutto il suo allenatore Sandro Donati, intendono giocare tempi supplementari impugnando la sospensione ed in generale alzando un polverone mediatico, ma la sensazione è che lo facciano più per non perdere la faccia che per realistiche possibilità di successo. In un mondo dell'atletica che ha buttato fuori dal sistema un intero paese come la Russia, compresi i suoi atleti puliti, e che sta andando finalmente in profondità anche con altri paesi-canaglia (quanti infortuni preolimpici...), come può pensare Donati che ci sia un complotto mondiale contro Schwazer e contro chi lo allena? Il problema poi non sono nemmeno loro, ma chi ancora gli crede togliendo spazio e tempo a chi sta facendo ottime cose ad Amsterdam e andrà a Rio. Come il Guerino ha scritto in tempi non sospetti, ad essere discutibile non era il diritto di Schwazer di tornare a marciare una volta scontata la squalifica, ma il fatto che CONI e FIDAL avessero fatto di un ex dopato quasi una bandiera, organizzandogli una Coppa del Mondo in casa e dando l'impressione di puntare più sul personaggio che sull'atleta. Sullo sfondo la dimostrazione di un teorema strampalato, cioè che non dopandosi, addirittura doppiando le gare e venendo allenati da un tecnico digiuno di marcia, si va molto più forte di quando ci si dopava. Auguri a Schwazer per la sua vita, perché a 31 anni può ancora fare tutto ciò che vuole, ma per fortuna l'atletica italiana adesso può guardare avanti.