Uno dei pochi pugili non statunitensi ad avere avuto una popolarità davvero mondiale, al di là di quella ovvia nel paese di origine, è stato senza dubbio Carlos Monzon. Che quarant'anni fa, il 30 luglio del 1977, scese dal ring con le proprie gambe per non salirci mai più. A 35 anni pensava di avere già dato tutto, del resto gli standard non erano certo quelli di oggi dove certe carriere (non soltanto nella boxe) si trascinano all'infinito fra soldi facili e la ancora più facile retorica sul vecchio campione che non si vuole arrendere al tempo che passa.
Al Louis II di Monte Carlo, davanti al solito parterre di attori e celebrità dello spettacolo che si vedevano, e in parte ancora si vedono, intorno alla boxe (Monzon poi era fissato con il cinema, fece innumerevoli tentativi per diventare un attore), l'argentino conservò il titolo mondiale dei pesi medi battendo per la seconda volta il colombiano Rodrigo Valdez. Ex pescatore che al secondo round lo mandò al tappeto (prima volta per Monzon, che non ci era mai finito nemmeno in occasione delle sue tre sconfitte, agli inizi della carriera) ma che alla lunga, i round erano 15, fu triturato dalla solidità dell'argentino. Certo non un pugile estroso, Monzon, ma un uomo di una durezza anche mentale spaventosa. Purtroppo per le sue vittime fuori dalla boxe, viene da dire. Tanti bei discorsi sulla noble art vanno insomma riservati ad altri: Monzon era un violento che nella boxe aveva trovato un modo socialmente accettabile di canalizzare la propria violenza.
La curiosità è che nella stessa riunione chiuse a 39 anni la carriera Emile Griffith, lo storico rivale di Nino Benvenuti, battuto ai punti in 10 riprese da Alan Minter, che gli italiani ricordano bene per la morte di Angelo Jacopucci e la maschera di sangue di Vito Antofermo. Un Griffith che 4 anni prima Monzon aveva battuto, sempre a Monte Carlo, difendendo un titolo che aveva conquistato nel 1970 al PalaTiziano di Roma contro un declinante Benvenuti. Anche senza essere appassionati di boxe balza subito all'occhio come i migliori dell'epoca fossero obbligati a sfidarsi con una frequenza nel 2017 impensabile, al punto che oggi i pochi match veri vengono subito definiti 'incontro del secolo'. C'erano sì due sigle, WBA e WBC, ma Monzon era campione di entrambe e quindi ogni Mondiale era un vero Mondiale. Dei suoi 100 incontri da professionista Monzon (morto nel 1995 in un incidente stradale) non ne disputò nessuno negli Stati Uniti, forse anche per questo è uno dei più grandi sottovalutati nella storia della boxe.