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Coppa Davis, dietro a Fognini poco

Coppa Davis, dietro a Fognini poco

Redazione

18 luglio 2016

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Fabio Fognini e poco altro. La sconfitta dell'Italia nei quarti di finale di Coppa Davis, contro l'Argentina, è di quelle che fanno male perché arrivata contro una squadra di media cilindrata e con la prospettiva, adesso sfumata, di giocarsi a settembre una affascinante semifinale in casa contro la Gran Bretagna di Murray o la Serbia di Djokovic: quindi i britannici, che nel quarto con i due fuoriclasse assenti è riuscita a prevalere. La Davis non è un indicatore infallibile dello stato di salute di un movimento, visto che in passato è stata vinta anche da nazioni con un giocatore e mezzo, ma è senz'altro una delle poche occasioni per fare un punto della situazione del nostro tennis maschile. Parlando della tre giorni di Pesaro, organizzata in maniera artigianale (il caos dei biglietti del venerdì, 'invalidati' per il singolare recuperato sabato, potrebbe bastare) c'è poco da aggiungere a quanto si è visto in campo: con Seppi in cattive condizioni fisiche e Del Potro non ancora pronto per maratone su terra battuta, era chiaro che la sfida sarebbe girata sul doppio. E nel doppio Barazzutti non ha potuto schierare Bolelli, appena operato, proponendo a fianco di Fognini, che aveva appena dominato Monaco, la soluzione obbligata di Lorenzi che delle tante caratteristiche che fanno un doppista ha soltanto l'intelligenza. Partita purtroppo buttata, con i primi due set in cui Fognini è stato fatto rispondere a destra, per motivi che sono sfuggiti ai più: Lorenzi non è mancino, poi Fognini è abituato (senz'altro lo era con Bolelli) a rispondere a sinistra e, diciamolo, in mancanza di un'idea tattica particolare a sinistra deve giocare il più forte visto che è da quella parte che statisticamente si giocano i punti che contano di più. Ma Barazzutti ha scelto diversamente e all'inizio del terzo set solo una decisione d'imperio di Fognini, sottolineata alla sua maniera, ha riportato lo schieramento a un assetto più logico, così si è riusciti a trascinare la partita al quinto set e anche con buone opportunità di chiuderla. Domenica poi altre chance di Fognini contro il più solido mentalmente, ma non certo più forte, Delbonis, quindi Argentina meritatamente avanti all'inseguimento di un trofeo che non ha mai vinto e che non vincerà nemmeno nel 2016, se Murray si presenterà. Il tennis maschile italiano è però messo peggio di quanto visto a Pesaro, visto che Fognini ha 29 anni, Seppi 32, Lorenzi quasi 35. I nostri top 100 sono loro, mentre il quarto portato da Barazzutti, Cecchinato, 23 anni, pare avere una dimensione da challenger e un futuro, se va bene, da Lorenzi. I giovani interessanti, considerando giovani soltanto gli under 21, non mancano: i soliti, diciamo soliti perché stracitati e stra-attesi, Donati, Napolitano, Sonego, Quinzi fra un cambio di allenatore e l'altro, ma per sperare sul serio bisogna prendere in considerazione minorenni o giù di lì: Julian Ocleppo, figlio di Gianni dal bel rovescio, o Liam Caruana, con una grande speranza in Federico Arnaboldi, sedicenne fresco trionfatore all'Avvenire che quasi non esiste nemmeno nelle classifiche junior ITF (attualmente è 645esimo) ma che ha qualcuno di quei colpi risolutivi che fra gli adulti potrebbero funzionare. Dietro a Fognini c'è insomma poco, ma non proprio niente.

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