Stan Wawrinka può tranquillamente essere considerato il quinto uomo dell'età dell'oro Federer-Nadal-Djokovic-Murray, con punte di rendimento paragonabili a quelle del connazionale e tutto il rispetto per i pochi che sono riusciti ad inserirsi in questa dominazione, da Del Potro (senza infortuni racconteremmo un'altra storia, forse) a Cilic. Per questo la sua vittoria agli U.S. Open non è una sorpresa pazzesca in assoluto, essendo fra l'altro anche il terzo trofeo Slam che alza negli ultimi tre anni, ma lo è per come si è materializzata lungo il torneo e nella finale contro un Djokovic più riposato, grazie ai tre ritiri degli avversari che lo hanno fatto giocare la metà dello svizzero, ma evidentemente non a posto nel fisico (in tempi recenti mai visto giù come nel quarto set) e nello spirito, anche per vicende personali: fra interventi del fisioterapista, smorfie, interazioni con il pubblico e il suo angolo, il numero uno del mondo ha lanciato segnali di nervosismo a un Wawrinka che con il suo tennis senza rete di protezione, ad altissimo rischio, sembra giochi meglio le finali (non ne perde una dagli Australian Open 2014, la vera svolta della carriera) dei primi turni. E non certo perché sia un tipo freddo: lui stesso ha confessato di avere, nel prepartita, pianto per la tensione e il nervosismo. Forse in questo momento storico è, insieme a Murray, il campione che ha più testa o che comunque è più centrato: questo non significa che Djokovic sia finito, anzi significa proprio il contrario perché essere arrivato in finale agli U.S. Open essendo all'80% della condizione (una settimana prima del torneo ha avuto la tentazione di rimanere a casa) è un'impresa, sia pure da asteriscare per la fortuna incontrata lungo la strada. L'obbiettivo di diventare numero uno del mondo nemmeno si pone: Djokovic, più giovane di due anni (29 contro 31) ha più del doppio (!) dei suoi punti ATP ed è troppo regolare nei Masters 1000 per essere avvicinato, lo stesso Murray vale in termini numerici un buon 50% più di lui, ma è chiaro che tirato a lucido Wawrinka può battere entrambi su qualsiasi superficie e soprattutto può farlo nelle occasioni che contano. Anche sull'erba che finora gli ha dato poche soddisfazioni e dove l'anno prossimo proverà a realizzare il Career Slam senza guardare alla carta di identità. Per trovare un vincitore degli U.S. Open più anziano di lui bisogna risalire al Ken Rosewall 1970, quasi all'inizio dell'era Open, mentre per trovare un campione di Wimbledon più giovane di 32 anni e 3 mesi (l'età che avrà Wawrinka il prossimo luglio) bisogna risalire addirittura a Drobny, nel 1954.
Twitter @StefanoOlivari