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Il bello del numero uno Murray

Redazione

7 novembre 2016

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Cinque mesi fa, non cinque anni, dopo il Roland Garros, pensare a un Novak Djokovic in posizione diversa dalla numero uno del mondo era di molto oltre il fantatennis. Poi vicende personali, tensioni con l'allenatore vero (Wajda) e quello finto (Becker) con la deriva verso il mental coach, un minimo appagamento dopo un decennio con il piede sull'acceleratore, ma soprattutto il miglior Andy Murray di sempre lo hanno fatto scendere di un gradino, dopo Parigi Bercy e alla vigilia di ATP Finals interessanti come raramente lo sono state. Lo scozzese, coetaneo di Djokovic, di un anno più giovane di Nadal e di sei rispetto a Federer, diventa così l'ultimo dei Fab Four a raggiungere la vetta del mondo e lo ha fatto al termine di una settimana strana, in cui non è che abbia giocato al massimo, ma dove però è riuscito a far girare a suo favore situazioni difficili: in finale contro Isner ma soprattutto contro Verdasco al suo ingresso nel torneo. La storia e la statistica sono importanti, dicono che Murray è il ventiseiesimo numero uno del mondo da quando la classifica segue parametri oggettivi (quindi dal 1973) e non valutazioni di esperti. Una élite capeggiata da Federer con 302 settimane di dominio, ma dove non mancano gli intrusi (a livello di numero uno, perché poi è chiaro che si tratta di campioni) bravi e fortunati nello sfruttare periodi di vuoto di potere: da Hewitt a Moya, passando per Kuerten, Roddick, Ferrero, Muster, Rios e Kafelnikov, si parla di giocatori con uno status e una carriera nemmeno paragonabili a quelli di Murray. Il cui cambio di passo è avvenuto per il rallentamento di Djokovic, per il lungo addio di Federer e Nadal, ma anche per la sua seconda vita insieme a Ivan Lendl, con la cui collaborazione ha vinto tutti e tre i suoi Slam (U.S. Open 2012, Wimbledon 2013 e 2016) e i suoi due ori olimpici, arrivando anche a livelli di eccellenza sulla terra. Prima abbiamo parlato di vuoto di potere: Murray a 29 anni ha vinto 'soltanto' tre Slam, facendo parte di una generazione di fenomeni (con seconde linee come Wawrinka, tre Slam anche per lui, Del Potro, Berdych, Gasquet, Tsonga...), ma adesso per lui potrebbe venire il bello. E se lo merita tutto, questo bello, per avere tenuto mentalmente quando le finali perse fra gli applausi stavano diventando un'abitudine. Menzione d'onore per il fratello Jamie, grande doppista e grande fratello in una situazione psicologica spesso non facile, ma anche per sua madre Judy. Avere un genitore fanatico di tennis, o della vita che il tennis di vertice consente a pochi eletti di fare, è controproducente. Avere un genitore che capisca il tennis in profondità, al punto di farsi da parte al momento giusto, è una grandissima arma.

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