Un anno eccezionale, con le gemme di Wimbledon e dell'oro di Rio, si è chiuso per Andy Murray in maniera degna: schiantando Djokovic all'ultimo atto delle ATP Finals e conservando così la fresca posizione di numero 1 del mondo. Ultimo dei Fab Four a riuscirci, a 29 anni suonati e a riprova che questa generazione di campioni (di cui fa parte anche Federer, nonostante anagraficamente sia più vecchio), nobilitata anche dalla qualità delle seconde (Wawrinka, Del Potro) e terze (Cilic, Berdych, Tsonga, Gasquet...) sia probabilmente la più forte della storia del tennis, anche se molti giudizi sono per forza soggettivi visto che è solo dalla fine degli anni Ottanta che gli Slam sono stati confrontabili Non è la prima volta in cui la finale delle Finals decide il numero dell'anno (era giù successo nel 2000 con Kuerten), ma è la prima volta in cui si trovavano contro i due contendenti. Nonostante le battaglie più dure affrontate nel torneo (epica la semifinale con Raonic), Murray è in una fase della sua vita in cui mentalmente è molto più centrato di Djokovic e la partita ha avuto poca storia. Il serbo, nervoso come spesso è stato in questo 2016 (anche prima di conquistare finalmente il Roland Garros), ha sentito meno del solito il diritto e ha perso quasi tutti gli scambi in stile braccio di ferro, con evidenti ricadute psicologiche. Lo scozzese ha proposto molte variazioni, consapevole del momento di un avversario che conosce perfettamente, e ha gestito nel modo giusto il tifo della O2 Arena. Fenomenale anche come testa, per non avere mai mollato anche negli anni in gli altri oggettivamente erano più forti di lui. Detto senza offesa: Federer, Nadal e Djokovic, presi al top, rimangono e rimarranno meglio di Murray preso al top, ma i primi due non torneranno mai più ai loro livelli di eccellenza, mentre Djokovic è un punto interrogativo e le generazioni successive possono solo aspettare il declino naturale di chi ha quasi dieci anni di più, mentre un discorso a parte merita Raonic, per età più vicino a Murray che a Zverev: degno numero 3 del mondo, ha in canna una vittoria a Wimbledon e forse le prossime Finals, ma di certo non segnerà un'epoca nonostante i suoi tanti allenatori e consulenti. Adesso è già 2017: Murray, che in fondo ha vinto lo stesso numero di tornei Slam di Wawrinka (tre), se Djokovic molla ancora un po' avrà davanti una prateria per recuperare qualcosa, almeno in termini statistici, rispetto a quelli che fino a poco tempo fa nelle partite vere non batteva mai. Il numero uno dei numeri due adesso può rimanere numero uno, il numero uno vero, anche un paio d'anni. Corona strameritata, come sempre sono strameritati i successi in uno sport onesto come questo.