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Billie Jean King Cup Finals - Slovakia v Italy: Final

MALAGA, SPAIN - NOVEMBER 20: Team of Italy pose for a picture with the Billie Jean King Cup trophy during the trophy presentation after winning the Billie Jean King Cup Finals at Palacio de Deportes Jose Maria Martin Carpena on November 20, 2024 in Malaga, Spain. (Photo by Angel Martinez/Getty Images for ITF)© Getty Images for ITF

Ragazze prima di Sinner

La vittoria italiana nella Billie Jean King Cup, la quinta nella massima competizione a squadre del tennis, con le grandi prestazioni di Paolini, Errani e Bronzetti, si presta anche a una considerazione amara...

Redazione

22 ore fa

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La vittoria dell’Italia nella Billie Jean King Cup, con tanto di festeggiamenti insieme alla Billie Jean King in carne ed ossa (il tennis non aspetta la morte biologica per onorare i suoi campioni), è la quinta vittoria azzurra nella massima competizione a squadre, quella fino al 2019 nota come Fed Cup. E dopo la giustissima celebrazione di Jasmine Paolini, Lucia Bronzetti (la più decisiva a Malaga), Sara Errani, Elisabetta Cocciaretto e Martina Trevisan, oltre che della capitana Tathiana Garbin, rimangono da fare in questo 2024 che sta finendo un paio di considerazioni sul tennis femminile, non soltanto quello italiano.

La prima è che questo è stato davvero l’anno di Jasmine Paolini e lei lo ha confermato anche in un periodo di scarsa forma, con uno status ormai definitivamente cambiato. Le finali al Roland Garros e Wimbledon, l’oro olimpico nel doppio insieme alla Errrani, la posizione numero 4 nel ranking WTA e adesso questo trionfo azzurro che mancava dal 2013, con in campo Pennetta e Vinci, oltre alla eterna Errani. Un exploit che nel tennis maschile sarebbe impensabile: fra gli uomini ci sono stati giocatori che hanno ottenuto il risultato della vita dopo i 28 anni (viene in mente l'Andres Gomez 1990 che a Parigi sorprese Agassi), ma nessuno ha mai cambiato cilindrata tecnica, fisica e psicologica in maniera costante come ha fatto la Paolini. Che fino agli Australian Open di quest’anno mai era andata oltre il secondo turno in uno Slam.

Cambio di allenatore? L’ottimo Renzo Furlan la allena dal 2015 come consulente saltuario e dal 2020 a tempo pieno. Cambio di mentalità? Ormai hanno il mental coach e lo psicologo anche le tenniste dodicenni, ma va detto che Luigi Mazzola è una figura praticamente unica, per la sua formazione (è un ingegnere), anche in questo campo. Cambio fisico? Ci sembra rimasta uguale, in tante corrono di più e/o tirano più forte. Cambio di gioco? Qui sì la differenza: la Paolini si è convinta, o l'hanno convinta, che il braccio di ferro in progressione con donne strutturate il doppio di lei non avrebbe portato lontano e ha iniziato a prendere rischi. Cambio di avversarie? Il livello medio del tennis femminile è molto calato, se guardiamo alla continuità delle più forti (basti pensare alle tante occasioni buttate dalla Swiatek fuori dalla terra battuta), e lo stesso Wimbledon 2024, con i quarti con 2 sole delle prime 8 teste di serie (la Rybakina 4 la stessa Paolini, 7) e la vittoria finale della numero 31, lo dimostra. 

La seconda considerazione è per le azzurre in generale, nel 2017 passate dopo l’uscita dal World Group (quindi le prime 8 squadre) dalla guida di Corrado Barazzutti a quella di Tathiana Garbin, che hanno avuto bisogno di qualche stagione per risalire e tornare alle finali nel 2022, arrivando l’anno scorso a giocarsi il titolo a Siviglia con il Canada. In questo secolo le tenniste italiane sono state di un livello nettamente superiore ai colleghi maschi, non soltanto per le 5 vittorie a squadre quando gli uomini sono stati anche in Serie C prima di tornare in alto, vincendo grazie a San Sinner, ma anche per i tornei individuali. Negli Slam, cioè l’unica cosa che conta, le vittorie della Schiavone al Roland Garros 2010 e della Pennetta agli US Open 2015, con una serie di piazzamenti clamorosi: la finale della Vinci agli US Open 2015, quella della Schiavone al Roland Garros 2011, quella della Errani al Roland Garros 2012, per non dire di tutti e 4 i tornei Slam vinti dal doppio Errani-Vinci. E non mettiamoci a citare le semifinali di Errani, Pennetta, Trevisan, o quarti raggiunti spessissimo… Questo per dire che la Sinnermania è giustificata dalla grandezza del numero 1 del mondo, ma ha un retrogusto amaro: perché in realtà da almeno 15 anni c’erano tennisti italiani di altissimo livello, modelli positivi da seguire senza fare la millesima rievocazione di Panatta.

stefano@indiscreto.net

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