MUSSI SU MARTE
Il Chievo lo odiano. Non da oggi, ma almeno dall'ottobre 2001, quando si affacciò la prima volta in Serie A. I grandi giornali lo apprezzarono giusto il tempo del primo mese, per qualche titolo in più da alternare ai soliti su Milan e Juve. Ma dato che i veronesi continuarono a tenere il primo posto sino a novembre, ben guidati da un Del Neri oggi malinconico alla Juve, lo sconcerto si trasformò in paura già prima di Natale. E se la favola non si spegnesse?
Da allora, finito l'effetto-novità, non l'hanno più digerito. Parlo dei grandi network televisivi, degli uomini del marketing, di chi calcola tutta la vita, e anche lo sport, con i conti bancari. Un piccolo paese alle porte di Verona non dà sufficiente pubblico allo stadio, non fa vendere schede tv, soprattutto toglie dalla grande scena della Serie A una potenziale metropoli, altri incassi. Fatto sta che il presidente Campedelli ha dovuto lottare ogni anno contro tutto e contro tutti. Una volta gli negarono i soldi di Manfredini e Luciano già assicurati dalla Lazio, un'altra gli squalificarono proprio quest'ultimo, alias Eriberto, mentre dopati eccellenti con casacche a due colori scontavano la pena durante l'estate. Poi lo fecero anche cadere in basso, tra i cadetti, nel mezzo del giubilo della stanza dei bottoni. Ma niente da fare. Ancora una volta, la competenza di Sartori (forse il migliore di tutti) e un ambiente speciale come quello di Veronello fecero il miracolo. Ora, quella favola diventata nel frattempo incubo, è tornata a guastare i sonni del potere.
Conosco da anni molte persone di quel club, mi sento affezionato a loro, a partire da Marco Pacione, che è il team manager e un amico caro. I veronesi, prendendosi gioco dei cugini più piccoli, dissero: "Sarete in Serie A quando i Mussi voleranno". E se gli Asini ora andassero su Marte?