Una delle miscele più esplosive del calcio è quella vecchio calciatore-giovane allenatore. Cristiano Doni e Antonio Conte non se l'erano mandate a dire ai tempi di Bergamo e non se le mandano a dire alla vigilia di Siena-Atalanta: Doni sempre bandiera nerazzurra e Conte sempre tecnico emergente timoroso di invecchiare come emergente.
Parole di Conte: ''Doni sapeva della vendita della società due mesi prima della fine del campionato, aveva la promessa di due anni di contratto. Avrebbe fatto meglio a pensare di più a fare il calciatore e non il ds, il giornalista, il capo ultrà o il tecnico". Parole di Doni:"Conte mi ha attaccato, tenendo un comportamento incredibile. Era così categorico che ha perso credibilità agli occhi di tutti, dimostra di essere falso e presuntuoso. Avessi fatto io l'allenatore, avrei fatto meglio di lui".
Di sicuro c'è che Conte sta pagando la sua fama, a detta di Doni meritata, proprio di presuntuoso. Avesse recitato la parte del finto umile, che nel calcio degli ipocriti è sempre gradita, l'anno scorso al posto di Ferrara come scalda-panchina per Lippi alla Juventus (poi saltato per mille motivi) sarebbe arrivato lui. Invece gli sono toccati l'Atalanta e Doni, con mille episodi più o meno raccontabili: dal litigio nell'intervallo a Livorno a tanti altri. Conte poi ha accusato Doni non avere dato, come dire, tutto per la causa durante la fase di transizione societaria. Il trentacinquenne Doni all'Atalanta sta poi come il trentaseienne Del Piero alla Juve o il trentaquattrenne Totti alla Roma: giocatori che hanno dato tanto alla causa, ma che impediscono un reale rinnovamento. Di sicuro a giocarsi di più è in questo momento Conte.