Nell’immaginario calcistico tradizionale non esiste forse ruolo più affascinante dell’ala. Il gioco alla sua essenza “primitiva”: uno contro uno e vediamo chi è più bravo. Ma nel calcio attuale non sono tante le squadre che schierano un giocatore incollato alla linea del fallo laterale, col compito esclusivo di cercare il fondo. Vediamo centrocampisti esterni in un 4-4-2, oppure mezzepunte ed attaccanti adattati alla fascia. La tendenza attuale sembra ritenere un lusso la sottrazione di un giocatore alla battaglia per ottenere superiorità in mezzo al campo. Pochissime ali e spesso una sola punta, per poter avere più giocatori vicini a centrocampo che facilitino sia la riconquista del pallone che le triangolazioni. Rafforza poi la tendenza la ricerca di una manovra più imprevedibile che passi attraverso giocatori non dalle posizioni fisse (come due ali o due attaccanti d’area) ma interscambiabili.
La Spagna, il paese del “tiqui-taca”, è la massima esponente della tendenza, in particolare con la nazionale. Gli Iniesta e i Silva dalle fasce cercano sempre il taglio tra le linee e stringono in appoggio ai centrocampisti centrali, lasciando le fasce ai terzini. Discorso ripreso nella Liga: emblematico il Villarreal, che ci sia Cazorla, Cani o Borja Valero non gioca mai con un esterno di ruolo. Ma anche il mancino Reyes a destra nell’Atlético risponde a esigenze simili, e poi quel Xabi Prieto che nella Real Sociedad gioca sulla fascia con lo spirito del trequartista.
Due le varianti: falsi esterni che stringono per rafforzare il possesso-palla, o falsi esterni che si accentrano per il tiro. Attaccanti mascherati: una “moda” visibile, perché quanti più giocatori inquadrano lo specchio della porta, maggiori saranno le probabilità di andare in gol. Quindi mentre Mourinho impiega frequentemente Cristiano Ronaldo e Di María sulla fascia inversa rispetto al piede preferito, Villa, un attaccante puro, parte da sinistra nel tridente blaugrana. Ma fra i tanti citiamo anche casi minori come Callejón dell’Espanyol o Piatti dell’Almería. Ciò non toglie che anche oggi, nel 2010, disporre di un Jesús Navas che ti conquista il fondo una volta sì e l’altra pure, faccia sempre comodo.
(a cura di Valentino Tola)