Le due giornate di squalifica per Milos Krasic, notizia che giunge in redazione in un pomeriggio di pioggia autunnale, mi sembrano giuste, addirittura inevitabili. So che molti juventini mi tireranno fuori centinaia di casi simili non sanzionati, e qualcuno di loro urlerà al complotto, dato che la guerra santa del calcio non permette più i concetti di giustizia e ingiustizia, ma solo di carnefici e martiri.
Scrivo tutto ciò con dispiacere, avendo ancora calda la copertina dell'ultimo numero del Guerin Sportivo dedicata al giocatore serbo. Le parole che ho messo sotto la foto, "Finalmente un campione", domenica pomeriggio mi sono andate di traverso. Milos ha sbagliato: un fuoriclasse non simula, non si tuffa in quel modo. La scena che mi ha fatto più male, lo preciso da estimatore convinto del giocatore, è stato il suo allontanarsi silenzioso e alla chetichella dal luogo del delitto. Tartufesco. Davvero non poteva avvisare De Marco? Non poteva scongiurare la pessima figura fatta fare all'arbitro di Chiavari e all'assistente Tonolini? Se avesse ammesso il fatto, in una caduta persino istintiva, sarebbe salito nell'hit parade della stima. Tutti lo avrebbero applaudito. Così, al contrario, dovrà attendere qualche turno per la gloria, assieme ai due inflitti dalla giustizia sportiva.
Non ho condiviso neppure la critica con troppi distinguo della Juve, segnatamente di Del Neri, Marotta e Andrea Agnelli. Capisco l'interesse prioritario della sfida successiva con il Milan, capisco che perdere ora il migliore giocatore del gruppo bianconero rappresenti una mazzata, ma lo stile Juventus è anche questo, come ci ricorda ogni volta Boniperti.
Due turni bruciano, ma sono una sanzione necessaria per stabilire il discrimine tra fair play e furbizia, tra sport e opportunismo, in un calcio già popolato di troppi gaglioffi. Per me Milos non lo è, per questo il suo errore pesa doppio.
Nello stesso giorno giunge notizia della morte del polpo Paul. Se ne va il miglior analista di calcio dell'anno.
di Matteo Marani