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Xabi Prieto riempie gli occhi

Redazione

10 novembre 2010

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Oltre i confini spagnoli, il nome Xabier Prieto Argarate non dirà nulla. Mai visto nelle coppe europee, mai nel giro della nazionale, mai nelle indiscrezioni di mercato. Meglio così forse, l’essere riservata a pochi “iniziati” aumenta il piacere dell’esperienza visiva. Sì, perché il numero 10 della Real Sociedad (ma esterno destro di ruolo) è uno dei giocatori più affascinanti di tutta la Liga. Inconfondibile. C’è un cross dalla fascia opposta, lui va in area di rigore, potrebbe concludere, il tifoso sbraita con la bava alla bocca implorandolo di sfondare quella dannata rete… lui invece non fa una piega, aggiusta il corpo, mette giù col petto e cerca una nuova azione, più pulita. Non si sa mai, avrebbe potuto spettinarsi, o uscire nelle foto con quelle brutte smorfie, i muscoli facciali che si contraggono come gli atleti nei cento metri. Ma lui non è un atleta, è un artista. Se è arte tutto ciò che libera l’immaginazione, perché fare gli schizzinosi se al posto del pennello c’è un pallone? L’azione descritta sopra, realmente accaduta, illustra però anche i limiti che per tanto tempo hanno condizionato il giocatore. L’arte non gliel’ha mai negata nessuno, però le manifestazioni erano perlopiù fini a loro stesse. Il pallone non glielo toglievano mai, il piede era una calamita, ma sempre con un distacco dalle partite tale da risultare sconcertante. Un bell’oggettino ornamentale, ma intanto una grande storica come la Real Sociedad (l’unica squadra di tutta la carriera di Xabi Prieto, in prima squadra dai 20 anni, stagione 2003-2004) scivolava in Segunda. Dalla Segunda dell’anno passato Xabi Prieto ha trovato la consacrazione. Trascinatore prima che giocoliere, uomo-chiave per tutta la Real, che si ordina e prende slancio a partire dalla sua serenità palla al piede. Continuano i dribbling stretti, le finte e i palloni inverosimili scucchiaiati lungo la linea del fallo laterale, per lanciarsi o lanciare il compagno, ma sono solo la ciliegina. E’ la “pausa” di Xabi a fare la differenza, la capacità di decelerare fino a che non si crea una possibilità migliore perchè l’azione progredisca. Entra lui in gioco e tutto si fa più chiaro, appaiono opzioni di passaggio facili, la squadra si raccoglie in pochi metri e respira nella metà campo avversaria. Dalla destra muove tutti i fili, con una chiara tendenza ad accentrarsi, ma senza dimenticare buone progressioni e cross al bacio. Tutto questo non lo accompagnerà mai la musichetta della Champions, ma vale comunque la pena. (a cura di Valentino Tola)

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